Il fotografo, lo scienziato e la città

Il fotografo tedesco Daniel Biber si trovava in Costa Brava (Spagna), quando notò nel cielo una massa di storni in volo che iniziavano a formare le loro tipiche configurazioni

Iniziò a scattare. Poi a casa riguardando le fotografie al computer si accorse che aveva realizzato lo scatto perfetto:  “probabilmente quando un falco si è messo sulla loro scia e nel giro di pochi secondi è apparsa la particolare formazione” di un gigantesco unico uccello in volo formata da un migliaio di storni, come raccontò poi lo stesso Biber.

Era il 31 dicembre 2016. Daniel Biber era vicino a Sant Pere Pescador, in Catalogna. Non era lì per caso. Era da tempo che cercava il luogo ideale per fotografare al meglio gli storni quando si radunano in volo al tramonto. Aveva già scattato migliaia di foto, quando quel pomeriggio, nuovamente all’opera, subitaneamente “in 10 secondi” ecco la forma straordinaria del grande uccello, ripresa inconsapevolmente da Biber e per la quale “non sono stati necessari ritocchi” e che gli è valso il primo premio del concorso fotografico internazionale della Stazione Ornitologica svizzera di Sempach e la fama imperitura.

Il volo degli storni è stato importante anche per lo scienziato premio Nobel per la Fisica 2021, Giorgio Parisi, tanto da avergli dedicato il titolo del libro autobiografico, dove riporta le fasi più importanti del suo studio e della sua ricerca sui sistemi complessi e le sue riflessioni sulla Scienza.

Il primo capitolo del libro In un volo di storni (ed. Rizzoli) è dedicato proprio a questo, ossia alle configurazioni degli uccelli che cambiano con estrema facilità e velocità, per sfuggire ai predatori, disorientandoli, appunto con le loro evoluzioni di gruppo.

Come fanno a non scontrarsi l’uno con l’altro? Come si coordinano? Non hanno un capobranco e, quindi, ogni singolo volatile sa esattamente come deve comportarsi per interagire opportunamente con i suoi compagni. Il risultato è un armonico comportamento collettivo.

Per trovare la risposta Parisi li ha osservati a lungo da un luogo privilegiato (dagli uccelli), la romana Piazza dei Cinquecento.

A Roma, infatti, dove gli storni abitano da decenni e prediligono, come ‘dormitori’, gli alberi del centro, sono un problema. Sempre più numerosi, il loro guano ricopre monumenti e strade e tutto ciò che rimane all’esterno per ore. Ed anche passeggiare, come mostra la foto sopra, è pericoloso.

Il Comune fronteggia l’invasione con il sistema dei dissuasori acustici. Addetti con tute bianche, cappuccio e mascherina con gli altoparlanti amplificano il suono del dissuasore che simula il verso di rapaci, predatori degli storni, i quali spaventati si allontanano dal centro, ma si riversano nei quartieri adiacenti. Un sistema etico, il dissuasore ma, forse, non risolutivo.

Considerando che questa specie è annoverata  fra le 100 invasive più dannose al mondo, gli storni a Roma si potrebbero giudicare quasi una piaga biblica dei nostri tempi con la sostanziale differenza- rispetto alle storiche – che non si tratta d’irritazione divina, ma effetto della crisi climatica di origine antropica.

“Fa caldo da noi e gli storni non viaggiano più oltre il Mediterraneo” scrive Parisi nel suo libro.

 

 

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