Nuova Zelanda. La lunga nuvola bianca

Quando si parla di Nuova Zelanda,  i paragoni con la sorella maggiore, l’Australia, si sprecano ingiustamente. Pur avendo condiviso le stesse origini come colonie e con bandiere simili, sono due mondi diversi. Aoteraoa, la terra dalla lunga nuvola bianca, come viene chiamata in lingua maori, è decisamente più british. È sufficiente guidare di città in città per sentirsi in Scozia o nello Yorkshire: verdi colline, praterie sterminate, tranquillità. L’impatto europeo si fonde con quello dei nativi maori, dando vita a un buon esempio del vivere civile contemporaneo.

Grotte di Waitomo

Grotte di Waitomo

Welcome to Aoteraoa

Il primo approccio con la Nuova Zelanda si può definire “simpatico”: all’aeroporto c’è una entrata in stile maori, con una registrazione di una cantilena tradizionale e la scritta Welcome to Aoteraoa.

Noleggio un camper modesto e comincio ad esplorare l’Isola del Nord. Da Auckland mi dirigo verso Hamilton,  una cittadina di 130.000 abitanti, importante centro di studi agricoli, per poi passare alle Grotte di Waitomo, le cui sotterranee ospitano i glow worm, una particolare larva di lucciola la quale emana una bioluminescenza a contatto con altri insetti e l’aria. Il risultato è un cielo stellato, incantevole e surreale. Accompagnati da una guida, è possibile visitarle per un tratto a piedi e poi, in assoluto silenzio, a bordo di una piccola barca che naviga nell’insolito fiume, fuoriuscendo dalla parte inferiore, immersa nella foresta pluviale.

Da lì, si possono fare diverse camminate in direzione della vetta dalla quale si può ammirare la cittadina di Waitomo. Tutto il circondario è di un verde acceso, in pieno inverno nell’emisfero meridionale e tutta la vallata è stata abbondantemente ripresa nel film Il Signore degli Anelli.

Lago Taupo: ritorno ad un passato ancestrale

Lasciata la grotta, a circa due ore di auto, entro nella regione di Waikato, dove si trova il lago Taupo.  Cerco di fare una crociera sul lago per vederla, ma risulta più difficile del previsto. Lo skipper avvisa che le acque sono choppy (agitate) e se qualcuno non se la sente, deve dirlo e si torna indietro (in Nuova Zelanda vige una legge: se il tour operator o chi per esso menziona tutte le precauzioni e i rischi della attività scelta, in caso di inconvenienti, non risponde in prima persona).

Ovviamente, dopo 10 minuti qualcuno sta male, ma non possiamo mollare, dobbiamo andare avanti. Insisto con i presunti “malati” (non vai in barca, se stai male,no?) e, promettendogli che tutto andrà bene e offrendogli la colazione, procediamo.

Maori rock carvingsFormatosi da una super eruzione vulcanica, ospita la fantastica opera scolpita nella roccia di Mine Bay da Matahi Whakataka-Brightwell e John Randall, raffigurante Ngātoro, una importante figura mitica per i Maori.

Nella stessa regione vi sono anche le cascate Hukka, con uno stretto canyon in cui è possibile osservarle da vicino, a bordo di un jetboat, progettato a metà degli anni ’50 da Sir William Hamilton per superare le difficoltà di navigazione delle acque impetuose e poco profonde di queste zone.

 

MitaiMondo Mitai

Proseguo verso Rotorua, 1 ora di distanza. Decido di fermarmi al villaggio Mitai, una piccola area posseduta da una famiglia Maori, la quale ha deciso di dare vita a un hangi, il tradizionale metodo per cucinare il cibo usando rocce surriscaldate. L’occasione perfetta per assaporare la kumara, una patata dolce dalla buccia violacea. Oltre alla parte gastronomica, i Mitai offrono una graziosa dimostrazione sulla loro vita prima del contatto con gli europei. Intonano canti aggressivi, spiegano l’utilizzo di  armi e utensili. Alcuni di loro irrompono con una barca polinesiana in modo teatrale.

Ma tutti aspettano una sola cosa: l‘haka. Gli appassionati di rugby la conoscono tramite gli All Blacks, la nazionale neozelandese che esegue questa danza aggressiva prima di ogni partita. E’ una composizione che coinvolge mani, piedi, occhi roteanti e, soprattutto, la lingua. Uno dei guerrieri ha il corpo, bassofondo compreso, pieno di moko, il tatuaggio tradizionale con cui i maori si dipingono.

kiwi animalA pochi minuti dal villaggio si trova il Rainbow Springs, in cui si preservano e curano i kiwi, l’animale simbolo della Nuova Zelanda, molto schivo, imparentato con il ben più grande emù australiano. Nonostante la sua apparenza docile, è un uccello territoriale, non ama stare con i suoi simili, se succede, li calcia. Tutto la zona di Rotorua, situata nella Bay of Plenty, è popolare per la geotermia, riguardante sia le strutture termali polinesiane all’aperto, sia  il geyser Pohutu, il quale può arrivare a 20 metri d’altezza.

I giardini governativi, ovviamente di stampo inglese, ospitano il museo omonimo e il villaggio Ohinemutu, in cui si può visitare il cimitero maori e le originali abitazioni. Il lago della cittadina non è il migliore ed è affollato, meglio fermarsi al Lago Verde e Blu, a 2 chilometri verso nord. Indimenticabili.

Dalla natura al cinema. Si va a Matamata, a Hobbiton. La visita alla terra degli hobbit costa circa 75 dollari (45 Euro circa). Ne vale la pena. Peter Jackson, il regista de Il Signore degli Anelli, rimase stupefatto quando vide la vallata in cui si trova la fattoria di Alexander e quindi gli chiese se potesse utilizzarla come set. Il resto è ormai  Hollywood . Visito tutta la finta cittadella e la casa di Frodo Baggins, concludendo il tour al Dragone Verde, il bar dove gli hobbit fanno festa a caraffe di birra.

kauriCape Reinga: agli estremi della Nuova Zelanda

Lasciando la parte centrale dell’Isola del Nord, mi dirigo verso il suo estremo: Cape Reinga, lungo le 90 miglia di spiaggia. Una sosta nella foresta vergine di Waipoua è d’obbligo. Qui  vive il più anziano tra i kauri, l’albero neozelandese dalle dimensioni imponenti. Può raggiungere 50 metri di altezza e 10 metri di circonferenza. Il suo nome è Tane Mahuta, il Re della Foresta. Tutta la costa è composta da questi alberi, esclusivi del nord dell’isola. Si possono anche trovare nella sublime penisola Coramandel, nella parte orientale, famosa per le sue spiagge.

Dai kauri, passando per Darganville, conosciuta come la Capitale delle Kumara e per l‘alta percentuale di discendenti dalla Dalmazia, passo alla Bay of Islands, la Baia delle Isole, la quale attrae pescatori da tutto il Paese e il paesaggio non è da sottovalutare. A fatica, ma si può visitare il tutto in una giornata piena.

auckland-devonport-Auckland: multiculturalismo e natura

Non si può lasciare la Nuova Zelanda senza visitare Auckland. La città, con più di un milione di abitanti, rappresenta il potere commerciale (non politico, la capitale è Wellington) e tutto il multiculturalismo che ci vive dentro: nativi, europei e asiatici. Dal golfo Hauraki si ha una buona prospettiva sullo skyline della città e il celebre Sky Tower.

Inoltre, si possono visitare le isole Rangitoto, vulcanica, collegata dalla bassa marea a Motutapu e   Tiritiri Matangi, con i suoi uccelli nativi. Se si acquista un biglietto per queste isole, tutte le agenzie offrono gratuitamente anche quello per il sobborgo di Devonport, dove dal suo monte Victoria si può avere una idea di tutto l’hinterland di Auckland.

Una degna conclusione della città può essere al museo omonimo, composto da tre piani, nella quale la storia naturale e quella dell’ isole del Pacifico (contiene la più vasta collezione di questo continente) vanno di pari passo, senza confondersi.

 

Matteo teaches Italian

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