La Cina ritorna alla presidenza indefinita
Il plenum dell’Assemblea nazionale popolare cinese (ANP, Legislative) l’11 marzo 2018 ha approvato un emendamento costituzionale che istituisce una presidenza indefinita per l’attuale capo dello stato, Xi Jinping (nella foto a lato).
L’ANP ha approvato con un solo voto l’insieme di 21 emendamenti costituzionali proposti, tra cui l’eliminazione del limite di due mandati consecutivi di cinque anni ciascuno per i presidenti del paese.
Il plenum si è espresso unanimemente con 2.958 voti favorevoli, 3 contrari e 3 astenuti. Xi Jinping può mantenere l’incarico a vita, oppure sarà il suo governo a godere della temporalità indefinita. Le novità costituzionali riguardano anche l’inserimento della teoria politica di Xi.
Xi Jinping, sessantaquattrenne, è segretario generale del Partito Comunista Cinese dal 2012 e presidente della Repubblica popolare cinese dal 2013.
Il vincolo dei 2 mandati presidenziali era stato introdotto nel 1982 per evitare la deriva del culto della personalità, com’era accaduto durante il regime di Mao Zedong, il politico rivoluzionario che ha introdotto il partita comunista in Cina e che ha detenuto il potere dittatorialmente dal 1945 fino alla sua morte, avvenuta nel 1976.
Ora gli obiettori della riforma costituzionale non esitano a fare parallelismi tra il presente e il periodo maoista. Il voto dell’ANP, ci sembra, di tale portata da superare la mera sfera politica per sconfinare nella storia, pur retrocedendo invece di progredire.
Il 17 marzo 2018 sono state applicate le riforme costituzionali. I delegati del Congresso Nazionale del Popolo hanno votato all’ unanimità (2970 di sì su 2970 votanti) Xi Jinping alla carica di Presidente della Repubblica Popolare della Cina – se lo desidera – in perpetuum; e XI si fa uno e trino ricoprendo anche la carica di segretario generale del Partito e presidente della Commissione centrale militare.
