COP 27. Caos irreversibile?

Si apre la COP 27, ossia la 27° conferenza sul clima delle Nazioni Unite, in Egitto e precisamente a Sharm-el-Sheikh.

La Conferenza delle parti come esattamente si denomina il vertice è preceduta dall’ormai usuale grido di allarme del segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres. “Siamo sulla buona strada per un caos irreversibile” ha tuonato alla vigilia anche quest’anno per poi ricomporsi e spiegare che “La COP27 deve essere il luogo in cui ricostruire la fiducia e ristabilire l’ambizione necessaria per evitare di condurre il nostro pianeta oltre il precipizio climatico”. In che modo? Stabilendo “un patto storico tra economie sviluppate ed emergenti” in cui le prime mantengano gli Accordi di Parigi e compiano uno sforzo aggiuntivo per ridurre le emissioni in linea con l’obiettivo di 1,5 gradi”.

Ma in realtà l’obiettivo sembra essere già superato dalle emissioni di gas serra che continuano a crescere tanto che per gli scienziati se continuiamo così entro il 2030 “anziché scendere del 45%, aumenteranno del 10% portando l’aumento delle temperature a 2,8 gradi entro la fine di questo secolo (vedi ISPI).

La complita questione del loss and damage climate change

Le economie emergenti o fragili sono proprie dei Paesi che emettono meno CO2 ma risultano come i più  colpiti dai guasti del cambiamento climatico che non hanno contribuito a generare. Si tratta della famosa questione del loss and damage climate change (perdita e danneggiamento del cambiamento climatico) stabilita nei vertici precedenti e in nome della quale i paesi colpiti chiedono 100 miliardi ogni anno per cinque anni (dal 2020 al 2025) a quelli più sviluppati e inquinanti.

Questi stessi Paesi chiedono inoltre  aiuti finanziari aggiuntivi per la compensazione delle perdite e dei danni causati dall’innalzamento del livello dei mari e/ dagli eventi meteorologici estremi. Un meccanismo che potrebbe essere risolto con la creazione di un fondo, verso il quale Unione Europea e Stati Uniti si sono già dichiarati contrari. Pertanto si cambierà strada proponendo una tassa globale sulle energie fossili tale da risarcire i paesi in via di sviluppo.

Promesse non mantenuta per le crisi economica ed energetica in corso. E  poi c’è la guerra

Il rialzo dei costi delle materie prime e dell’energia (aggravata dalla guerra in Ucraina) hanno contribuito a far mantenere le promesse di un programma di azioni più incisive per il clima soltanto da 26 dei 193 che si erano impegnati nel corso di COP 26 svoltasi nel novembre 2021.

La già citata crisi energetica, l’instabilità geopolitica per la guerra in Europa e per le tensioni tra Cina e Twain rallentano il processo di decarbonizzazione anche da parte dei Paesi più virtuali. Peggiora la situazione la competizione per il podio di maggiore potenza economica tra Cina e Stati Uniti, rispettivamente primo e secondo inquinatore al mondo.

In Egitto. Clima e diritti umani

La scelta dell’Egitto come Paese ospitante della COP 27 nasce per accendere l’attenzione sull’Africa uno dei continenti che maggiormente soffre per la crisi climatica.

Ma l’Egitto ha un regime dittatoriale che non rispetta i diritti umani e per la libera espressione della società civile. Si stima che nelle sue carceri ci siano circa 60mila prigionieri politici.

Così in questo 2022, alle porte della COP 27 accanto agli ambientalisti protesteranno gli attivisti per i diritti umani.

Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2022 – XXVII Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici;

a Sharm el-Sheikh – Egitto;

dal 6 al 18 novembre 2022.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.