Sudan abroga le leggi contro le donne

Il Sudan ha abrogato una serie di leggi a favore dei diritti delle donne. Abolita, tra le altre, quella che le voleva arrestate e condannate (con frustate) quando indossavano pantaloni o partecipavano a feste private.

Considerando il tipo di reato cancellato, più che una conquista femminile, ci sembra una conquista di diritti umani. Non a caso le leggi abrogate riguardavano, infatti, l’ordine e la morale pubblica, secondo una severa interpretazione della Sharia (legge sacra islamica, suscettibile a parafrasi), ma finiva per colpire soprattutto le donne.

Secondo la stampa internazionale, la svolta è stata resa possibile grazie all’approvazione della legge che ha sancito lo scioglimento del partito, il National Congress Party (NCP), dell’ormai ex presidente del Sudan, Omar al Bashir –  espulso dopo 30 anni al potere –  mentre si avvia il percorso per il sequestro dei beni dello stesso partito, che per almeno 10 anni non potrà svolgere attività politica. La gestione del sequestro dei beni del partito avverrà con l’istituzione di un comitato apposito.

Bashir è stato deposto dopo il colpo di stato dell’aprile 2019, culminato nella fase definita “la transizione democratica del Sudan”, iniziata formalmente il 5 luglio 2019 quanto il Paese è tornato alle urne dopo 71 anni.  Il colpo di stato è avvenuto a seguito di un lungo periodo di proteste popolari che hanno visto le donne in prima fila, organizzate dalla Sudanese Professionals Association (SPA), rete di 17 sigle sindacali di docenti universitari, medici, giornalisti e avvocati, formatosi nel 2012 ma riconosciuta ufficialmente soltanto nel 2016, dopo anni di repressioni governative.

Il Sudan è oggi guidato da un consiglio militare e civile congiunto: il governo a guida civile è presieduto da Abdalla Hamdok, il quale su Twitter ha definito le leggi appena abrogate “uno strumento di sfruttamento, umiliazione e violazione dei diritti dei cittadini e una violazione della dignità del popolo. Mando un omaggio ai giovani uomini e donne del mio Paese che hanno sopportato gli orrori dell’applicazione di queste leggi”.

 

Fotografie dall’alto: Sudan, una delle proteste del 2018-19; 2) Omar al Bashir, presidente espulso; 3) Abdalla Hamdok, primo ministro del governo sudanese

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