4500 professori firmano una petizione per Giulio Regeni. Dibattito da aprire all’interno dell’Accademia

UniversityPiù di 4500 professori universitari ed insegnanti, in particolare dal Regno Unito e dall’Italia hanno firmato una petizione per il Presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi con la richiesta di prove imparziali relative alle torture e assassinio del ricercatore Giulio Regeni.

“…Invitiamo pertanto le autorità egiziane a cooperare con un’indagine indipendente e imparziale in tutti i casi di sparizioni forzate, casi di torture e morti in detenzione durante i mesi di Gennaio e Febbraio congiuntamente alle indagini attuali dei magistrati sulla morte di Giulio al fine che i responsabili di questi crimini vengano identificati e consegnati alla giustizia.”

I professori e gli insegnanti hanno espresso le loro condoglianze  per l’uccisione di Giulio Regeni, aggiungendo  che  Amnesty International, ha segnalato al Ministero  degli Interni e il Ministero della Difesa egiziani di praticare lo stesso tipo di tortura che Giulio ha subito, contro centinaia di cittadini egiziani ogni anno .

Secondo le ultime notizie riportate dall’ansa.it è durata 20 minuti l’ultima chiamata fatta da Giulio Regeni al suo amico italiano Gennaro Gervaso, docente di Scienze Politiche presso la British University della capitale egiziana” Giulio Regeni fu fermato e portato via dalla polizia egiziana il 25 gennaio al Cairo, probabilmente scambiato per una spia “per via di alcuni contatti sul telefono di persone legate all’opposizione anti-governativa”. A scriverlo è il New York Times che cita, a sostegno della versione, tre funzionari della sicurezza egiziana coinvolti nelle indagini.

Se le testimonianze citate dall’autorevole quotidiano americano trovassero conferma, si tratterebbe della prima ammissione in questo senso da parte di esponenti delle autorità egiziane, seppure in forma anonima.

Giulio Regeni, come hanno riportato molti giornali, a metà dicembre 2015 aveva partecipato ad una riunione dei sindacati indipendenti egiziani sulla situazione dei lavoratori. Si era sentito osservato e fotografato. L’articolo scritto sui sindacati era apparso su nenanews, Agenzia di Stampa di giornalisti specializzati nel Medio Oriente.  Lo studioso aveva chiesto di utilizzare uno pseudonimo “Adriano Drius”.

Polemiche sono sorte circa la sua collaborazione con il giornale “Il Manifesto” che ha pubblicato l’articolo dopo l’uccisione di Regeni. Il giornale dichiara che era in programmazione e che il ricercatore italiano era intimorito e aveva chiesto che venisse pubblicato con uno pseudonimo. La madre del ragazzo ha affermato che il Manifesto non aveva accolto la collaborazione di Regeni.

Forse gli studiosi che mettono a servizio la loro mente e la loro attività in nome del sapere e della divulgazione dello stesso, dovrebbero essere protetti da una rete diplomatica a livello internazionale e con il supporto del mondo accademico non solo a livello scientifico. Non è anche responsabilità degli atenei e dei docenti tutor di valutare i rischi di una determinata ricerca? Un giovane ha 28 anni si fa guidare dalle emozioni, dai propri ideali. Compito dell’adulto è dargli l’opportunità di crescere e di sperimentare, ma anche di salvaguardarlo dai propri ardori senza rete di protezione.

Per maggiori informazioni sugli ultimi sviluppi dello svolgimento delle indagini, ansa.it

 

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