Danilo Dolci e la letteratura nuova

Dell'”attivista” Danilo Dolci, nato il 28 giugno 1924, abbiamo già scritto – in parte – tempo fa nell’articolo La pace, riflesso dei problemi risolti.

In parte dicevamo, perché Danilo Dolci è stata una figura poliedrica: poeta, sociologo, innovatore pedagogico, scrittore e giornalista d’inchiesta.

Sempre mosso da fini sociali e umanitari, con l’intento di smuovere le classi dirigenti e le coscienze verso le istanze delle classi più povere siciliane del post guerra, realizzava inchieste sulle condizioni socio-economiche e culturali. Tra le tematiche, le classi povere e arretrate per soprusi e/o per inadeguatezza, dovuta alla mancanza di opportunità, o dalla volontà manipolatrice dei governanti.

Resoconti di indagini, articoli e racconti che riportavano le tristi testimonianze delle persone, alcune delle quali, su suggerimento dello scrittore Italo Calvino, raccolse nel libro Racconti siciliani, edito nel 1963 e appena ripubblicato da Sellerio in occasione del centenario della nascita.

Nell’immediato, a colpire delle inchieste di Dolci non furono le tristi condizioni trattate e descritte, ma quella che si considerò  un’offesa alla morale pubblica che indusse un questore a denunciare Dolci, condannato per “pubblicazione oscena” e “oltraggio al pudore” a due mesi di carcere.

Insegnare a me

A destare scandalo, tra le tante, la storia emblematica di Gino, orfano di madre fin da giovanissimo con nessuno interessato a prendersi cura di lui perché “figlio della colpa”, ossia illegittimo.  Dolci descriveva Gino come “un giovane che andava a borseggiare e cominciò a insegnare a me”.

Maieutica reciproca

L’attivista voleva dare voce ai suoi protagonisti. L’indifferenza generale  lo convinse che l’emancipazione sociale doveva partire del basso attraverso l’azione non violenta.

Con la sua “maieutica reciproca”, applicazione della filosofia alla società, elaborò una metodologia dialettica di indagine e autoanalisi popolare, per far emergere la creatività nascosta in ogni persona, e lì trovare la leva della propria emancipazione, perché nessun cambiamento può “prescindere dal coinvolgimento e dalla partecipazione del diretto interessato”.

Questa metodologia è indirizzata verso un processo di esplorazione collettiva, partendo dall’esperienza e l’intuizione degli individui, attivando percorsi di consapevolezza e responsabilizzazione. A differenza del filosofo greco Socrate che considerò come strumento pedagogico fondamentale la maieutica (arte della levatrice) con cui l’educatore portava alla luce la conoscenza che è dentro ogni individuo, per Dolci, il processo educativo, non è unilaterale, ma è reciproco, frutto dell’esperienza e della condivisione.

La letteratura nuova

Ed è proprio questo suo pensare e agire, pacifico e fuori ogni schema, all’origine di ogni sua iniziativa che rientra “la nuova letteratura”.  Dolci, che nasce poeta, nei sui scritti ha mescolato l’italiano con il siciliano, creando espressivi neologismi dialettali, ben prima di Andrea Camilleri.

Un’efficacia narrativa che non passò inosservata durante il processo suddetto a giudici e questori – come dimostrano alcune sentenze dove si legge di “valore letterario” o di “forza di shock narrativi”, in grado di riportare le “idee e sentimenti” dei protagonisti, ma che non gli valse l’assoluzione. Passò inosservata, invece, ai letterati e intellettuali contemporanei, forse perché troppo concentrati nel sostenerlo e supportarlo  nelle sue imprese sociali e civili.

Solo anni dopo, la critica si soffermerà sulla capacità espressiva di Dolci, fino ad annoverarlo fra Ugo Foscolo e Giuseppe Mazzini, autori – scrive Piero Melati su La Repubblica – che, come Dolci, seppero esprimere le motivazioni delle loro cause con valenza letteraria, tanto da diventare, comunque, indimenticabili.

Un poeta-scrittore, sociologo, educatore, sempre rivolto all’uomo nel suo divenire, nella sua progettualità. Ricordiamo l’ultima strofa di una delle sue poesie più conosciute: C’è pure chi educa, senza nascondere/l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni /sviluppo ma cercando/
d’essere franco all’altro come a sé,/ sognando gli altri come ora non sono/ciascuno cresce solo se sognato (Ciascuno cresce solo se sognato).

 

Immagine: Danilo Dolci tratta dal sito: Centro sviluppo creativo Danilo Dolci

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