I diritti a colpi di Consulta. No agli embrioni per la ricerca scientifica

Fecondazione assistita

Fecondazione assistita

Per la quinta volta la Consulta, ovvero la Corte Costituzionale, è stata chiamata a decidere in merito alla legge sulla procreazione assistita (legge 40/2004), varata dodici anni fa.

L’articolo della legge messo in discussione è – ancora una volta – l’articolo 13 della legge, che vieta alla coppia che si sottopone alla procreazione medicalmente assistita, di donare alla ricerca scientifica gli embrioni che, affetti da gravi patologie, non possono essere impiantati.

Il caso, che risale al 2012, è stato posto dal Tribunale di Firenze, a seguito del ricorso di una coppia che desidera donare alla ricerca scientifica gli embrioni, donazione vietata appunto dall’articolo 13. La coppia, infatti, affetta da una patologia genetica, ha compiuto vari cicli di procreazione assistita senza successo, perché dal test pre-impianto gli embrioni sono sempre risultati malati.  Il Tribunale di Firenze ha sollevato il dubbio di costituzionalità nei confronti del divieto dell’utilizzo a fini della ricerca scientifica degli embrioni abbandonati, perché malati o in sovrannumero.

Già l’11 novembre 2015 la Consulta aveva affrontato il tema del divieto assoluto della sperimentazione e indagine sull’’embrione come definito dalla legge 40, dichiarando illegittimo l’articolo 13 nei commi 3 e 4, che  sanzionavano  penalmente i medici che provvedevano all’impianto dei soli embrioni sani  – commi 3 e 4 dell’articolo. In quel caso la Consulta, si è rifatta alle sue precedenti pronunce che riportiamo di seguito:
– (sentenza 151/09) dove dichiarava illegittimo il limite di produzione di tre embrioni e l’obbligo di un “unico e contemporaneo impianto” nell’utero;
– sentenza 96/15 dove ha affermato il diritto delle coppie portatrici di malattie geneticamente trasmissibili ai figli, di accedere alla diagnosi genetica pre-impianto degli embrioni per selezionare quelli sani da trasferire nell’utero, diritto che è determinato per analogia al criterio normativo di gravità espresso dalla legge sull’aborto terapeutico previsto nei casi di grave malformazione del feto.

La Consulta ha fatto riferimento all’art. 32 della Costituzione che garantisce la cura della salute dell’individuo come suo diritto fondamentale.

La sentenza ha lasciato tuttavia il divieto alla soppressione degli embrioni malati, e loro crioconservazione a tempo indeterminato non essendoci alcun diritto alternativo, che spetta al legislatore provvedere e prevedere, conforme al principio di ragionevolezza – articolo 3 della costituzione – alla dignità dell’embrione ancorché malato.

Giudice relatore dell’udienza è stato Rosario Morelli, mentre gli avvocati Filomena Gallo (segretario dell’associazione Luca Coscioni) e Gianni Baldini ‘hanno rappresentato gli interessi della coppia. L’Associazione Vox-Osservatorio sui diritti si è presentata parte civile.

Il 22 marzo 2016 la Corte Costituzionale si è pronunciata negativamente sulla questione di legittimità relativa all’uso degli embrioni, non idonei alla gravidanza per la ricerca scientifica dietro consenso della coppia, dichiarando che la decisione spetta al legislatore.

Rammarico della senatrice a vita e docente dell’Università di Milano, Elena Cattaneo come leggiamo sul quotidiano repubblica.it : “Le cellule staminali in diverse parti del mondo sono utilizzate contro malattie come Parkinson, diabete, degenerazione retinica. Al momento sperimentate con successo su modelli animali“.

Confidiamo nel giudizio equo ed obiettivo del potere legislativo deputato ad aggiornare la questione dal punto di vista giuridico.

 

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