#MeTwo, la campagna tedesca contro il razzismo

È tempo di lanciare una grande campagna internazionale contro il razzismo che coinvolge gli europei di prima o seconda generazione. In Germania, proprio in questi giorni c’è chi lo fa. Si tratta di Alì Can, curdo residente in Germania dagli anni ’90, promotore del movimento #MeTwo – sulla scia del fortunato #MeToo, lanciato negli Usa contro le molestie sessuali nell’autunno 2017 – dove two sta per 2, per indicare le 2 culture, quella d’origine e quella locale, fra le quali vivono i nuovi europei.   Lanciato con successo su Twitter, l’hasthtag ha capeggiato la lista delle tendenze del social in Germania, conquistando 3500 follewer in 48 ore.

Alì Can  (nella foto a lato) chiede ai follower di raccontare la loro storia, la loro esperienza di tedeschi con genitori stranieri o di tedeschi ma nati altrove, con l’obiettivo, come ha spiegato al settimanale tedesco Der Spiegel, di dare vita a un dibattito costruttivo.  E sembra aver colto nel segno. Il ministro degli Esteri della Germania, Heiko Maas (Spd) è subito intervenuto, sotto l’hashtag #MeTwo, esortando coloro “che pensano che il razzismo in Germania non sia più un problema” di leggere “le impressionanti e dolorose storie” riportate dalla pagina Twitter.
Non è nuovo a iniziative d’integrazione Alì Can:   come riferisce euronews.  com, pochi mesi fa ha fondato il call center  Cittadini preoccupati, un centro di ascolto rivolto ai nativi tedeschi che provano disagio  per l’arrivo dei migranti, ed evitare che,  per calmare le loro ansie, abbiano come unico punto di  riferimento i gruppi della destra xenofoba.

Per la campagna #Me Two, invece, Alì è stato ispirato dalla vicenda del calciatore Mesut Özil, che ha da pochi giorni lasciato la Nazionale tedesca (nella quale giocava dal 2009) dopo le grandi polemiche che hanno accompagnato la pubblicazione di alcune sue fotografie con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, scattate nel maggio scorso alla vigilia delle elezioni presidenziali turche, ma rinfacciate al giocatore dopo l’eliminazione della squadra tedesca ai recenti mondiali.

Özil (nella foto a lato), di origine anatolica,  campione del mondo 2014 con la Mannschaft (Nazionale di calcio tedesca) nel rispondere alle polemiche ha detto: “Se la Nazionale vince sono  tedesco, se perde sono un immigrato” accusando di razzismo i media di destra per la “doppia morale”, i vertici della Federcalcio e i politici che lo hanno criticato per aver posato con il controverso presidente turco, quando per il calciatore si è solo trattato di “un gesto di rispetto per la più alta carica del Paese della mia famiglia. Non incontrarlo avrebbe significato non rispettare le mie radici, indipendentemente da chi è presidente” e, accusando anche gli sponsor della  Mannschaft che dopo gli scatti lo hanno eliminato dalle campagne pubblicitarie e annullate alcune azioni di beneficenza. “Non giocherò per la Germania a livello internazionale fino a quando avrò la percezione di questo sentimento di razzismo e  mancanza di rispetto” ha concluso Özil che si chiede perché, all’ex capitano della nazionale Lothar Matthäus, fotografato con l’altrettanto controverso capo politico, il russo Putin, non è stata riservata nessuna critica? (Corriere della Sera del 23 luglio 2018).

“Ho 2 cuori sul petto, uno tedesco e uno turco” ha chiosato Özil, da cui il titolo #Me Two  per la campagna contro la discriminazione dei nuovi europei che speriamo sia importata presto in Italia.

Ha 2 cuori anche l’atleta italiana di origini africane Daisy Osakue, campionessa del lancio del disco under 23, che il 29 luglio 2018 a Moncalieri (Torino) mentre rientrava a casa, è stata colpita al volto da un uovo lanciato da una macchina. Trasportata all’ospedale oftalmico, le è stata riscontrata una lesione alla cornea sinistra (nella foto a lato, dopo la medicazione) che rischia di compromettere il prossimo impegno sportivo ai  giochi europei che si disputeranno (il mondo è piccolo) proprio a Berlino.

Daisy, ventiduenne, è convinta che l’attacco sia di matrice razzista, motivazione esclusa, invece, dai carabinieri. “Non volevano colpire me come Daisy, volevano colpire me come ragazza di colore” racconta l’atleta che ha già vissuto episodi discriminanti ma soltanto verbali.

È tempo, dicevamo, di lanciare una grande campagna internazionale contro il razzismo che coinvolge gli immigrati di prima o seconda generazione che hanno, non dimentichiamolo mai, 2 cuori sul petto: fieri delle loro origini e fieri di appartenere al Paese che li ha accolti e dove, in molti casi, sono anche nati.

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