Lyda Borelli oltre l’eremo di Santa Domenica

Quando si é in vacanza si cerca di riempire i pomeriggi girovagando qua e là ed in uno di questi mi sono trovata a visitare la città di Monselice, il suo splendido castello ed ho percorso la salitella con le sue sette chiesette che hanno ottenuto da Papa Paolo V la concessione delle stesse indulgenze accordate ai pellegrini che visitano le sette basiliche di Roma.

Poi davanti ai miei occhi è apparso un colle un poco profanato sul lato destro da scavi che lo avevano ferito profondamente, ma in alto, tra molto verde, è apparsa sulla sommità una torre e mi sono subito detta: “salirò, salirò, fin lassù”.

eremo-di-santa-domenicaI cartelli stradali indicavano la via verso il monte Castello ed il sentiero finale verso la cima del monte Ricco. Detto fatto. Percorso il primo tratto in auto proseguii poi a piedi. E quale sorpresa mi aspettava? L‘Eremo di Santa Domenica con annessa chiesa dedicata a S.Giovanni Evangelista.

La costruzione è un monastero, un Centro per esercizi spirituali ed esperienze religiose. La storia dice che nel ‘400 vi si formò una comunità di monaci benedettini, poi il complesso fu affidato alla congregazione degli eremitani di S.Agostino che nel 1672 vi costruirono l’eremo.

L’accoglienza dei monaci fu particolarmente discreta, offrirono bevande e mi introdussero a visitare la chiesa. Poi mi indicarono una villetta vicina e mi fu raccontata la storia che legava quella costruzione, la torretta fiorita, il campanile in pietra grezza, le fontanelle, i terrazzi ed i giardini oltre l’immagine di una Madonnina incastonata nel muro, tra due scalinate e che ancor oggi sta ad indicare la buona accoglienza.

Storia di una vita vera e vissuta: Lyda Borelli

lyda_borelliOggi, la mostra cinematografica di Venezia resta il trampolino di lancio per attrici registi e lavoratori dello spettacolo, e quasi 100 anni fa sugli schermi apparve una fanciulla di una bellezza unica: era Lyda Borelli e, sentendone parlare in modo entusiasta, il regista Pasta la scritturò per la parte di Totò nella commedia teatrale: Zazà di Berton.

Quando la vide disse: “Sei troppo donna per fare la bambina e troppo bambina per fare la donna” Ne rimase però stregato. Era in effetti appena uscita di collegio, ma per quel tempo era alta di statura e magra come un asparago. Ma era bella, aveva nel viso la luce del vero romanticismo, la seduzione nella voce, l’eleganza nelle movenze ed aveva una gran classe nei suoi atteggiamenti. Divenne in pochissimo tempo una vera diva del muto, ma quando recitava sul palcoscenico l’attenzione degli spettatori era tutta per lei.

Vittorio Cini, giovane rampollo di una nobile famiglia veneziana si innamorò di lei e nel 1918 la fece diventare la sua principessa, e fece costruire per lei una villa sul colle sopra Monselice, di cui divenne conte nel 1940. Fu un amore possessivo ed intrigante che non si infranse nemmeno a causa della prigionia del conte arrestato dalle S.S. Tedesche il 23. 9 .43 e deportato prima a Dachau e poi a Friedrichroda e liberato dal figlio Giorgio con una fuga in aereo. Nel 1947 il conte donò tutta la proprietà ai frati minori conventuali e chiese che l’Eremo fosse dedicato a Santa Domenica in memoria della nonna che aveva molta amata.

Il destino per Lyda e Vittorio riservava però un dolore terribile, la morte dell’unico figlio maschio, Giorgio, proprio per un incidente aereo nel 1949 a soli 30 anni.

Il dolore per questa madre, come d’altronde per tutte le mamme, la portò a chiudersi in quella villa che era stato il loro nido d’amore. Passava le sue giornate in preghiera, leggeva notte e giorno le vite dei santi, passeggiava in giardino e sostava davanti alla statua di Ercole, un eroe mitologico che paragonava al proprio figlio. Lì si fermò a lungo, quando riuscì a trovare la pace che cercava, tornò a Roma dalle sue tre figlie femmine che si lamentavano della sua assenza.

Nella capitale si spense il 2.6.59 tra le braccia del suo adorato Vittorio, assistita da Yana, Ilda e Mina, che non la lasciarono mai più sola.

Ecco, ancora oggi ho l’impressione di vedere la figura o forse il fantasma di quella bella signora, che durante quella mia gita mi sembrò di scorgere protesa ad attendere l’arrivo della funicolare che trasportava le vettovaglie, oppure prona sull’inginocchiatoio della piccola cappella a lei riservata, e ripenso a quel panorama stupendo, decisamente suggestivo ed indimenticabile, meta preferita per coloro che desiderano e sanno apprezzare la tranquillità. Ed il mio cuore ripete, Perché non torni lassù?.

 

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