Asprinio. Un piccolo grande vino

Dante ce lo ricorda e lo mette in rima: “ E perché meno ammiri la parola, guarda il calor del sol che si fa vino, giunto a l’amor che de la vite cola”.

L’Italia non è seconda a nessuno in quanto a varietà e qualità di vini, ma lo scoprire questo nettare campano ci ha sorpreso ed incuriositi, e così , andare all’origine di questo vitigno ci ha portato indietro nei secoli perché già tra il VI e VIII  a.C.  lo si coltivava e lo definica come “asprinio” ovvero simile al “Greco di Tufo”.

Gli etruschi lo accasarono con il pioppo e con la vite locale, i romani ne fecero un commercio molto proficuo anche per  le loro casse.

La corte Angioina, grazie al loro cantiniere Louis Pierrefeu seppe individuare il terreno più adatto per questa coltura e arrivò a farlo diventare uno spumante. Su questa strada anche i Borboni, grazie a Sante Lancerio, bottigliere del Papa Paolo III  Farnese, ne decantò la bontà giudicandolo una bevanda  dal color dorato e nel contempo crudo ma dal profumo unico.

Oggi, in queste terre dei fuochi (nelle provincie di Caserta e Napoli) che speculano e favoriscono la criminalità, ma dove è consentita la produzione dell’Aversa Asprinio Alberata, ci sono giovani che stanno scoprendo il fascino di conoscere questo vino DOC  dalle tante sfaccettature.

Assieme alla Regione “Campana di Aversa Wine” si è dato vita al progetto di lavorare proprio le bollicine “Asprinio” e rendere questo vino autoctono resistente ai parassiti ed al clima caldo, e potarlo così ad essere un vino di pronta bevuta in quanto bevanda rinfrescante e tonificante perché la sua acidità lo porta ad essere adatto alla spumantizzazione ed il consorzio “Vitica” ne è il principale promotore.

Partiamo però dal lavoro che necessita perché  possa nascere l’Alberata.

Occorre una coltivazione molto speciale, le piante devono tenere conto della distanza tra i filari e dell’altezza.  La raccolta si fa con lo ‘scalillo’,  una scala a pioli trasportata da un solo uomo lungo i filari, in quanto va misurato lo spazio tra tallone e ginocchio e tra orecchio e spalla: il portatore deve sentire le vibrazioni del vento e misurarne di conseguenza l’equilibrio prima di fissarlo nel terreno perché non si ribalti. Poi  va calata la ‘fescina, un cesto di vimini ove vengono depositati i grappoli.

Questi lavoratori si chiamano ‘uomini ragno’, ovvero arrampicatori che adoperano quelle scale che sono una diversa dall’altra.

Nel corso del 2020 sono state prodotte 130.000 bottiglie di Asprinio certificate ed è probabile che questo prodotto possa divenire un nuovo spumante italiano.

Le bollicine oggi sono richieste ovunque e la tenuta Fontana Alberata da generazioni sta lavorando per migliorare la produzione di questo vino che viene affinato in anfore di terracotta per 7 mesi, passato nelle fecce di acciaio per 6 mesi ed altri 2 in bottiglie.

L’invecchiamento arriva anche a 10 anni ma non è detto che il prodotto sia godibile anche dopo 30 anni. Il metodo è lo charmat ma la sua carta d’identità potrebbe variare. I giovani quindi dovranno essere coloro che porteranno questo prodotto sul mercato e fare conoscere e promuovere l’”Asprinio” aversano come un patrimonio immateriale dell’Unesco. Una sfida da vincere perché solo grazie all’impegno dei nostri giovani tutto ciò che la natura ci offre può essere  conservata come un tesoro. E dopo Dante è il nostro esperto vinicolo Mario Soldati che ci ha lasciato la sua promozione di questo nettare: l”Asprinio” è un piccolo grande vino in quanto unico e molto piacevolmente secco”.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.