Paolo Borsellino. La perfetta coscienza

Il 23 giugno 1992, a un mese dalla strage di Capaci, il magistrato Paolo Borsellino pronunciò un memorabile discorso in omaggio al collega e amico Giovanni Falcone che in quell’attentato aveva perso la vita con la moglie, magistrato anch’essa, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Alla Chiesa di San Domenico di Palermo,  in quel giorno di giugno, Paolo arrivò a piedi accompagnato dalla sorella Rita; al seguito, raccontano le cronache, circa 30mila ragazzi provenienti da tutta Italia per partecipare alla solenne fiaccolata.

Paolo Borsellino sapeva che per lui era in agguato la stessa sorte – accadrà, infatti, dopo 26 giorni con la strage di Via D’Amelio – per questo le parole che pronunciò in quella commemorazione hanno assunto significato profondo che non subisce l’offesa del tempo che passa né la capacità di rigenerare qualsiasi sconforto.

Le riportiamo di seguito in memoria di quel 19 luglio di 30 anni fa, quando Paolo Borsellino saltò in aria con i suoi angeli custodi: gli agenti della scorta Agostino Catalano,. Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina.

Giovanni Falcone lavorava con perfetta coscienza che la forza del male, la mafia, lo avrebbe un giorno ucciso. Francesca Morvillo stava accanto al suo uomo con perfetta coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte. Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con perfetta coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte.

 Non poteva ignorare, e non ignorava, Giovanni Falcone, l’estremo pericolo che egli correva perché troppe vite di suoi compagni di lavoro e di suoi amici sono state stroncate sullo stesso percorso che egli si imponeva.

Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché mai si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! La sua vita è stata un atto di amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato, che tanto non gli piaceva.

Perché se l’amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, e per coloro che gli siamo stati accanto in questa meravigliosa avventura, amore verso Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era ed è possibile dare delle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria a cui essa appartiene (…).

Occorre dare un senso alla morte di Giovanni, della dolcissima Francesca, dei valorosi uomini della sua scorta. Sono morti tutti per noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera.

Facendo il nostro dovere; rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici; rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne (anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro); collaborando con la giustizia; testimoniando i valori in cui crediamo, in cui dobbiamo credere, anche dentro le aule di giustizia.

Troncando immediatamente ogni legame di interesse, anche quelli che ci sembrano innocui, con qualsiasi persona portatrice di interessi mafiosi, grossi o piccoli; accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità di spirito; dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo.

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