Enigma Raffaello. A 500 anni dalla sua scomparsa

Tra le iniziative promosse per il 500° anniversario della scomparsa del grande artista e architetto Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma 1520), figura la riapertura della sua tomba per chiarire definitivamente le cause della sua morte improvvisa.

Il progetto, che prende il nome di Enigma Raffaello ,sarà condotto dal dipartimento anatomopatologico dell’Università La Sapienza di Roma in stretta collaborazione con le Accademie delle Belli Arti, dei Virtuosi al Pantheon ed i Musei Vaticani.

Le spoglie di Raffaello – detto anche l’Urbinate – giacciono presso il Pantheon di Roma, sotto la statua della Madonna del Sasso (scolpita dal suo allievo Lorenzetto), per volontà stessa dell’artista espressa nelle disposizioni testamentarie.  L’artista stesso aveva acquistato la tomba al Pantheon, facendo restaurare un’edicola di quel monumento che fu decisivo per i suoi studi prima e il suo codice architettonico dopo.

Racconta il Vasari, nel suo Vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori . che quando Raffaello morì  – il 6 aprile 1520 (che potrebbe essere lo stesso giorno della sua nascita, ancora incerta fra il 28 marzo o il 6 aprile 1483) – era un venerdì santo.  La causa della morte fu una febbre “continua e acuta, che già octo giorni l’assaltò” come scrisse costernato Alfonso Paolucci al suo signore  Alfonso I d’Este, duca di Ferrara.

Ma posto che, come scrive ancora Vasari, “nessuno già mai piú di lui nella pittura valente”, la sua morte, avvenuta all’apice del suo successo in Italia e altrove, suscitò sgomento ed incredulità, destinati a perdurare.

Nonostante le varie e numerose fonti, conosciute da sempre, indichino il Pantheon come tomba di Raffaello, sorsero dubbi sulla veridicità della sua sepoltura; sembra perché le spoglie dell’Urbinate non erano visibili, né il sito era indicato da precise iscrizioni.

Fatto sta che la  Congregazione dei Virtuosi del Pantheon, per fugare ogni incertezza,   nel 1833  ordinò degli  scavi di verifica nell’edicola – tomba.  Dopo pochi giorni di ricerche fu trovata una cassa di legno con uno scheletro quasi intatto, la cui analisi fu affidata a medici esperti, mentre poi Luigi Biondi, presidente dell’Accademia di Archeologia, attestò definitivamente – elencandone le ragioni – l’attribuzione dello scheletro a Raffaello.

Le spoglie dell’artista  vennero  ricollocate nello stesso luogo,  racchiuse in una scatola di pino posta in un sarcofago romano, proveniente dai magazzini del Vaticano e  donato dall’allora pontefice Gregorio XVI e con l’epitaffio composto espressamente per  Sanzio (per i più  da Pietro Bembo,ma potrebbe essere stato anche Antonio Tebaldeo, detto il Tebaldeo) e che recita.”Qui sta quel Raffaello che mentre era vivo la natura temette d’esser vinta da lui e  quando morì temette di morire anch’essa”.

Quando si venne a sapere del successo degli scavi – che avevano suscitato gran clamore – il poeta romano Gioacchino Belli (1791-1863) pensò bene di dedicargli uno dei suoi celebri sonetti in vernacolo romanesco:

Er corpo aritrovato (1)

È una sscèna, per dio, propio una sscèna.
Ma ttutte ar tempo mio s’ha da vedelle!
Pe quattr’ossacce senza carn’e ppelle
s’ha da pijjà la ggente tanta pena!

E ttutti fanno sta cantasilèna: (2)
È llui: nun è: ssò cquelle: nun zò cquelle:
è Rraffaelle: nun è Rraffaelle…
E ttutt’er giorno la Ritonna (3) è ppiena.

Certo, nun dubbità, ssò ccasi serj!
Come c’a Rroma sciamancassin’ossa (4)
tramezz’a un venti o un trenta scimiteri!

Trovi uno schertro (5) in de la terra smossa?
Ebbè, ssenza de fà ttanti misteri,
aribbuttelo drento in de la fossa. 

1° novembre 1833

note del sonetto del Belli: 1) Le ossa di Raffaele Sanzio; 2) cantilena; 3 Rotonda (come viene chiamato il Pantheon); 4 ci mancassero ossa; 5 scheletro.

 

 

Immagini dall’alto: 1) Autoritratto di Raffaello – a sinistra – con Giovanni Battista Branconio (1518-19, Museo del Louvre, Parigi, foto: A. Dequier e M. Bard; 2) Tomba di Raffaello Sanzio all’interno del Pantheon, Roma

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