Matilde di Canossa. Numero primo

Che cosa sarebbe il mondo senza donne? Nulla. Perché tutto è nato con Eva. Nel corso degli ultimi secoli la figura femminile ha fatto passi da gigante partendo dalla grandezza dalle regine Vittoria e Cristina, alle menti eccezionali di ricercatrici, scrittrici, pensatrici.  Non è il caso di riproporre un elenco di siffatte donne ma vale la pena di riscoprire un personaggio femminile che, nato nel 1046, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia. Matilde di Canossa, figlia di Bonifacio e Beatrice di Lotaringa, il cui albero genealogico parte con il duca Ottone di Sassonia, nell’851. Orfana di padre a soli 8 anni, indossa subito i panni di giovane maschio dato che fu istruita a combattere di spada, a cacciare e a cavalcare.

Indubbiamente la si può definire un ‘numero primo’,  che per 40 anni ebbe una visibilità talmente forte che quando un’altra donna riesce a primeggiare nel lavoro o in altre attività – e fa sfoggio di capacità organizzative e propositive – si dice che è una “novella Matilde”.
Ereditò una grande fortuna in ricchezze e feudi dislocati in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana, ma seppe conquistarsi ovunque l’ammirazione dei suoi sudditi e grazie alla sua fede religiosa creò un ottimo rapporto con il Papa e la Chiesa, talmente forte che ancor oggi decine di luoghi di culto restano a testimoniare quanto lei seppe fondare.

Nella vita quello che conta è lasciare un segno! E Matilde costruì chiese, conventi, badie, abbazie e 12 pievi. La sua vita personale fu dettata da obblighi dinastici che la costrinsero a sposare Goffredo il Gobbo dal quale ebbe una figlia, Beatrice, che morì subito dopo la nascita, e non mise al mondo altri eredi depauperando probabilmente un patrimonio di geni dei quali quell’epoca avrebbe avuto invece molto bisogno. A questo proposito ricordo che i miei nonni dicevano: “Date molte donne agli uomini di genio perché così il mondo sarà più ricco”

Matilde di Canossa  fu un’icona dominante, anche se, in quanto femmina, ha sempre trovato oppositori, perché fin da quei tempi veniva proposto il confronto con l’uomo. Subì nel 1080 l’obbligo di lasciare il paese perché aveva lasciato alla Chiesa molti dei suoi beni, ma, in quanto donna indomabile, tornò, sconfisse l’imperatore e per lei fu coniata la frase “fiaccola splendente che illumina Dio”. Figurarsi poi quando le sue capacità riuscirono a far sì che le fu concesso il diritto ad essere incoronata vicaria imperiale nel maggio del 1111. Diplomatica quanto basta per far ottenere all’imperatore Enrico IV il perdono dal papa Gregorio VII, dopo che era stato scomunicato per aver attentato alla sua vita.

La sua grandezza fu riconosciuta dopo la sua morte avvenuta a Bondeno nel 1115 quando il suo corpo fu trasferito a Roma da papa Urbano VIII, prima a Castel S. Angelo e poi a S. Pietro, unica donna ad esservi tumulata, nel 1645.

Questa narrazione è semplicemente storia, ma c’è un incontro con i personaggi citati, che la compagnia Schegge di Mediterraneo ha presentato in uno spettacolo teatrale di Alma Daddario ed in uno scenario all’aperto, ove la grande bellezza del luogo ha fatto da cornice ad un testo che ha affascinato gli spettatori.

Giunto alla 100° replica fa parte del programma Le donne, la storia, la scienza ed il potere tante eccellenze al femminile. Se poi gli attori rispondono al nome di Edoardo Siravo e Alessandra Fallucchi sai che la parola delusione non farà mai parte del tuo giudizio. E l’attrice interpretando Matilde sembrava una Giovanna d’Arco moderna sia nell’iniziale narrazione fatta in 3° persona, che nel proseguo della recitazione con il cugino Enrico IV che verso la conclusione con la sua intercessione a papa Gregorio VII affinché annullasse la scomunica che aveva comminato all’imperatore reo di aver attentato alla sua vita.
Siravo invece ha vestito i panni sia di Enrico che del Papa con un dialogo che ha messo a confronto la contrapposizione della fede a quella della ragione, in una interpretazione di tale forza e convinzione da trascinare all’applauso tutto il pubblico. Le voci dei protagonisti hanno volato nel silenzio della notte, le luci distribuite tra il fogliame degli alberi e a ridosso delle rovine dell’oratorio di S. Caterina parevano lucciole, la stella polare e la luna probabilmente erano state spettatrici di un evento unico.

Matilde di Canossa resta un’icona dominante che seppe convivere con la politica di allora e lasciare un segno in un mondo nel quale l’uomo voleva essere il padrone. Lei però deve rappresentare per le giovani d’oggi (per fortuna in crescita di numero) un ‘qualcosa’ che possa farle proporre all’attenzione e possano così dire ciò che vogliono e intendono fare.

Il detto “Chi dice donna dice danno” non deve esistere proprio più, sia come metafora che nel linguaggio dei nostri giorni. L’eccellenza è dunque femmina? Se potesse Matilde di Canossa risponderebbe con un sì talmente forte che anche i sordi lo potrebbero sentite!

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