Una piccola crociera in barca lungo le acque del Brenta e della memoria
Ogni viaggio è una partenza sia che duri poche ore o molti giorni. Ma chissà perché ogni mia o meglio nostra, partenza aveva a che fare con l’acqua.
Il mare è qualcosa che sgomenta se ne valuti la sua immensità, i suoi arenili sono granelli impalpabili che ritrovi sulla tua pelle e nelle tue cose anche a distanza di molto tempo, ma è difficile non amarlo, specie se sei nata con il rumore delle onde che schiaffeggiano gli scogli.
Se però rimani sola, lo scorrere dell’acqua è come il rumore malinconico della nostalgia. A a me accade sempre quando i primi giorni di marzo gli alberi cercano di vestirsi di mimose ma l’inverno non è ancora voluto andare via.
La memoria ti viene in aiuto, i ricordi sono più forti del tempo e così vuoi, a tutti i costi rivederti in quel giorno particolare, quando poco dopo aver sposato il tuo uomo, ci si allontana dalla città per stare finalmente da soli.
Siamo sempre stati turisti un po’ abitudinari ma il giorno di quella gita è stato un po’ diverso dagli altri. Era la prima volta che salivamo su di un’imbarcazione per una mini crociera sul fiume. Sulle prime avevamo temuto di aver scelto quel mezzo di trasporto senza aver riflettuto abbastanza, poi, dato che non eravamo soli, il coraggio subentrò alle nostre paure. Così ci imbarcammo a Padova con il Burchiello e seduti un po’ infreddoliti, su di un sedile di legno, cominciammo a navigare lungo le acque del fiume Brenta. La velocità dell’imbarcazione ci tranquillizzò, con estrema leggerezza sfiorava l’acqua quasi come se danzasse un valzer lento. Ci si teneva per mano, avevamo la sensazione di entrare in contatto con l’elemento principe della natura. Il vento pungeva e sembrava produrre graffi sul viso, ci alzammo il bavero del cappotto, e cominciammo a guardarci intorno.
Le rive del fiume ed i prati che le sovrastavano sembravano oasi verdi, poi all’improvviso, ecco Stra, Mira, Oriago. Il Burchiello si fermò, si poteva scendere, e iniziare le visite guidate alle tre più belle ville del Palladio: Villa Pisani, Villa Widmann, Villa Foscari – La Malcontenta. Dal XV e XVI secolo l’arte, la storia, le bellezze architettoniche, i paesaggi “bucolici” ed i panorami ove predominano il verde delle piante ed il marrone della terra, descrivono queste costruzioni che i nobili veneziani adibirono a ville di campagna e che raggiungevano proprio con questi battelli.
Il naviglio del Brenta era, infatti, un prolungamento del Canal Grande. Sappiamo che Goethe, Goldoni ne parlarono ripetutamente; Goldoni stesso scrisse “Il Burchiello di Padova”, così come appare nei dipinti del Canaletto, del Tiepolo, ed è certo che Montesquieu, Casanova e D’Annunzio lo hanno utilizzato. Trovammo queste storie avvincenti e per un po’ riuscimmo ad estraniarci dal contesto del presente. Il bello, però, doveva ancora venire: alla fine del percorso entrammo nel mondo romantico di Venezia e l’impatto fu emozionante. Fu simile a stappare una bottiglia di …quello buono o “buttar giù un ombra” tutto di un fiato con gli occhi chiusi.
Vedemmo tutto come in un rallenty. Il tramonto era da mozzafiato, le poche nuvole erano diventate quasi rosse e i marmi bianchi della chiesa della Salute sembravano allungarsi verso il cielo. Ci guardammo negli occhi, i nostri piedi battevano sul legno della chiglia per il freddo, era un rumore simile ad un battimano, tutti i turisti erano silenti, non si sentiva una voce, nessuno voleva interrompere quel momento con una qualsiasi esclamazione.
Ma venne l’ora del ritorno. Ringraziammo noi stessi per aver vissuto insieme questa giornata, e, come sempre, per me e per lui restò il ricordo dell’acqua. Tante gocce fanno un ruscello, un naviglio, un fiume, un mare. E là dove finisce il fiume continua non solo il mare ma anche un amore la cui lontananza ti lascia quel torpore soffocante, lieve e nel contempo forte di nostalgia.
Fotografie dall’alto verso il basso: il Burchiello oggi, dipinto dal Canaletto (1697-1768) davanti a Villa Malcontenta e dipinto dal Bellotto (1721-1780) a Venezia