Amelia Rosselli. Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo

Amelia Rosselli è stata una poetessa ed etnomusicologa. Della sua poetica affermava che fosse “sempre connessa a quella più strettamente musicale, e non ho mai in realtà scisso le due discipline”.

Della sua vita narrava: “Non sono apolide. Sono di padre italiano e se sono nata a Parigi (il 28 marzo 1930, ndr) è semplicemente perché lui era fuggito… dal confino a Lipari a cui era stato condannato per aver fatto scappare Turati… mio padre fu poi ucciso con suo fratello… Aver imparato l’inglese, quindi, oltre al francese, è dovuto alla guerra, perché allora andammo in Inghilterra e da lì fuggimmo poi via Canada per gli Stati Uniti… Cosmopolita è chi sceglie di esserlo. Noi non eravamo dei cosmopoliti; eravamo dei rifugiati”.

Il padre era Carlo Rosselli, teorico del socialismo liberale e antifascista, ucciso in Francia con il fratello Nello nel giugno del 1937; la madre, l’inglese insegnante e traduttrice, Marion Catherine Cave, volle che Amelia e il fratello, il futuro musicologo John Rosselli, conoscessero i dettagli dei due omicidi, nonostante la tenera età di entrambi: Amelia aveva 7 anni, John 10.

L’amore materno di Marion era particolarmente freddo ma Amelia le era molto legata e quando morì nel 1949, fu l’ulteriore tra le tante vicende drammatiche che avevano già segnato la sua vita e che le causarono ricorrenti esaurimenti nervosi, ai quali si aggiunse l’insorgenza del morbo di Parkinson, che le venne diagnosticato quanto aveva soltanto 39 anni.

Fu questo susseguirsi di esperienze dolorose l’ispirazione dei suoi versi, che insieme al tentativo di fonderli con la musica e al trilinguismo (l’italiano, il francese e l’inglese) hanno reso la voce di Amelia Rosselli unica e, sicuramente, meritevole di maggiore conoscenza.

“Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo: quando sai come è fatto forse non hai più bisogno di scrivere. Per questo tanti poeti muoiono giovani o suicidi” dichiarò in una intervista.

Non aveva più bisogno di scrivere, allora, l’11 febbraio 1996 quando  si suicidò nella sua abitazione romana.

Ne aveva saputo abbastanza del mondo, ma non della poesia se la scelta del giorno per lasciarlo non fu causale ma lo volle legato, indissolubilmente, a quello di Sylvia Plath (11 febbraio 1963), poetessa che la Rosselli tradusse e ben comprese come dimostrano le varie pagine critiche che le ha dedicato.

“Perché il cielo divinasse la tua ansia di morire/ sepolto da una frana di sentimenti, io mi appartai/alla rincorsa d’un nuovo cielo”. Amelia Rosselli

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