IPCC. Partiamo dal passato per capire dove siamo diretti
L’IPCC (Intergovernmental panel on climate change) il 9 agosto 2021 ha presentato alla stampa la prima parte della 6°relazione di valutazione dei 3 gruppi formati da 234 esperti provenienti da tutto il mondo sulla fisiologia del clima e sul cambiamento climatico dal 2014 (data dell’ultimo rapporto sulla base del quale si strinsero i famosi Accordi di Parigi.
Il Climate Report dell’IPCC intitolato Climate Change 2021: The Physical Science presenta le conoscenze scientifiche del sistema climatico e dei sul cambiamenti climatici e le valutazioni che si basano su 14mila studi pubblicati e sulle conoscenze acquisite dagli archivi paleo climatici, sui processi climatici fisici, chimici e biologici e le simulazioni di modelli climatici, combinando molteplici prove attraverso l’osservazione, la comprensione dei processi e le simulazioni globali e regionali.
“Questo rapporto è un controllo della realtà”, ha affermato la co-presidente del gruppo di lavoro I dell’IPCC, Valérie Masson-Delmotte. “Ora abbiamo un quadro molto più chiaro del clima passato, presente e futuro, essenziale per capire dove siamo diretti, cosa si può fare e come possiamo prepararci”.
Il passato
Il progresso delle conoscenze sui climi del passato serve da monito per il mondo di oggi. Ad esempio, 125.000 anni fa, l’ultimo periodo in cui l’atmosfera era così calda, il livello del mare era probabilmente da 5 a 10 m più alto di oggi. Tre milioni di anni fa, quando la concentrazione di CO2 nell’atmosfera era equivalente a quella odierna e la temperatura era di 2,5-4 °C più alta, il livello del mare salì a 25 metri più in alto.
Il presente e il futuro (prossimo)
In tutti gli scenari considerati dal più ottimista al più pessimista un dato è certo: la temperatura globale dovrebbe raggiungere + 1,5°C o +1,6°C (rispetto all’ere preindustriale) intorno al 2030, dieci anni prima di quanto ritenuto finora. Entro la fine del secolo la fatidica soglia di 1,5° C stabiliti dagli Accordi di Parigi sarebbe superata di un decimo di grado fino a quasi 1° C, secondo tutti gli scenari.
Alcune aree si riscaldano più velocemente
Il cambiamento climatico riguarda ogni regione del mondo: oceani, terra, atmosfera, l’intero pianeta si sta riscaldando, ma alcune aree più velocemente di altre. Nell’Artico, ad esempio, la temperatura media nei giorni più freddi dovrebbe aumentare 3 volte più velocemente del riscaldamento globale. E se il livello del mare si alza ovunque, potrebbe essere fino al 20% superiore alla media di molte coste.
Per la prima volta oltre all’anidrite carbonica c’è l’allarme metano
L’Ipcc non aveva mai parlato così tanto di metano come in questo rapporto nel quale avvisa: se non si riducono le emissioni di CH4, il secondo gas serra per importanza dopo la CO2, questo potrebbe minare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Le concentrazioni di CH4 nell’atmosfera – a cui contribuiscono le perdite dalla produzione di gas, dall’estrazione mineraria, dallo smaltimento dei rifiuti e dal bestiame – nell’atmosfera sono ai massimi da 800.000 anni. E ha un potere di riscaldamento di gran lunga maggiore della CO2, anche ha una permanenza molto più breve nell’atmosfera rispetto all’anidride carbonica.
La sofferenza dei grandi alleati
Dal 1960, foreste, suoli e oceani hanno assorbito il 56% della CO2 emessa nell’atmosfera dalle attività umane. Senza questo aiuto della natura, il pianeta sarebbe già molto più caldo e inospitale. Ma questi alleati cruciali nella lotta ai cambiamenti climatici, stanno mostrando segni di saturazione e si prevede che la percentuale di CO2 che assorbono diminuirà nel corso del secolo.
Le correnti oceaniche
La “Atlantic Meridional Reversal Circulation” (AMOC), un complesso sistema di correnti oceaniche che regolano il calore tra i tropici e l’emisfero settentrionale, sta rallentando, una tendenza che “molto probabilmente” continuerà per tutto il secolo. L’IPCC ritiene inoltre, con un livello di fiducia “medio”, che l’AMOC potrebbe fermarsi completamente, il che porterebbe in particolare a inverni più rigidi in Europa e a un’interruzione dei monsoni in Africa e in Asia.
Gli oceani
I livelli degli oceani sono aumentati di circa 20 cm dal 1900 e il tasso di questo aumento è triplicato nell’ultimo decennio sotto l’influenza crescente delle calotte glaciali in scioglimento. Anche se il riscaldamento si limitasse a +2°C, gli oceani potrebbero guadagnare circa 50 cm nel 21° secolo e questo aumento potrebbe raggiungere quasi 2 metri entro il 2300 – il doppio dell’aumento stimato dall’IPCC nel 2019. A causa dell’incertezza dello scioglimento del calotte glaciali, nella peggiore delle ipotesi, gli esperti non possono escludere un aumento di 2 metri entro il 2100.
Gli eventi meteorologici estremi
Il rapporto mette in evidenza gli eccezionali progressi nella “scienza dell’attribuzione”, che ora consente di quantificare la quota di responsabilità del riscaldamento in uno specifico evento meteorologico estremo. Gli scienziati hanno, ad esempio, dimostrato che la straordinaria ondata di caldo in Canada nel giugno 2021, con temperature prossime ai 50°C, sarebbe stata “quasi impossibile” senza il cambiamento climatico.
I punti di rottura
Cambiamenti bruschi nel sistema climatico “a bassa probabilità” ma “ad alto impatto”, chiamato “punto di rottura” quando diventano irreversibili, “non possono essere esclusi”. Tra questi ci sono il crollo di calotte glaciali capaci di far salire il mare di decine di metri, lo scioglimento del permafrost che contiene immensi volumi di carbonio o la trasformazione dell’Amazzonia in una savana.
La seconda parte del rapporto sarà pubblicata nel 2022.
Gli autori italiani del Rapporto IPCC Climate Change 2021 sono: Momme Butenschön (CMCC Foundation), Annalisa Cherchi (CNR – ISAC), Susanna Corti (CNR – ISAC), Sandro Fuzzi (CNR – ISAC), Dorotea Iovino (CMCC) e Enrico Scoccimarro (CMCC).
Immagine: la climatologa Valérie Masson-Delmotte, co-presidente del gruppo di lavoro I dell’IPCC