La siccità del Mediterraneo e l’aria inquinata e malsana
Le piogge cadute in questi ultimi giorni non sembrano sufficienti per superare il rischio siccità che incombe per un inverno particolarmente secco come quello del 2022. Lo annunciano alcune regioni del Nord e del Centro Italia mentre le turbolenze stanno cessando e i prossimi giorni, salvo sporadiche piogge nel lato tirrenico si preannunciano soleggiati.
La siccità nel Mediterraneo. Quante persone coinvolge?
La siccità e nello specifico la siccità nel Mediterraneo è uno dei problemi strettamente legati ai mutamenti climatici e fra quelli di maggior impatto per l’essere umano, come illustra la prima parte del rapporto 2022 del gruppo di scienziati internazionale IPCC, che studia e monitora il clima.
Secondo il rapporto della comunità scientifica, che si basa sulle molteplici ricerche scientifiche a livello mondiale e sulle quali si tratteggiano i probabili scenari futuri, tra le parti del mondo dove si evidenza la probabilità che i fenomeni siccitosi aumentino c’è l’Europa meridionale, con “un incremento particolarmente rilevante per l’area del Mediterraneo” scrive Gustavo Nauman della Fondazione Cima e scienziato dell’ IPCC.
“Nei periodi prolungati di siccità emerge il rischio di una condizione irreversibile di aridità, connesso soprattutto ai livelli già elevati di riscaldamento globale”. Infatti un aumento medio della temperatura superiore di 3° C rispetto ai livelli preindustriali porterebbe 170 milioni di europei ad essere colpiti da siccità estrema; invece contenendo il riscaldamento a 1,5°C (aumento avvenuto e che gli scienziati considerano irreversibile) la stima del numero delle persone colpite scende (ma sono sempre tante) a 120 milioni.
Gli effetti: dai corsi d’acqua al PIL
“Gli effetti della siccità potrebbero essere esacerbati nelle regioni il cui equilibrio è strettamente legato alla funzione dei ghiacciai, la cui riduzione avrebbe un importante effetto sulle risorse idriche – prosegue Nauman -.
Gli impatti della siccità sono resi più severi dall’ implicazione di vari settori: dagli effetti sui fiumi e sui corsi d’acqua, all’agricoltura, la produzione di energia elettrica, l’industria, fino ad procurare effetti significativi sul PIL e sul welfare”.
Le strategie di mitigazione. Ma attenzione alla maladaptation
Ma esistono strategie che mitigano gli effetti della siccità (argomento ampiamente trattato nella II parte del rapporto dell’IPCC). Certo occorrono approfondite e sempre aggiornate conoscenze scientifiche in modo da saper fronteggiare la continua evoluzione dei fenomeni meteorologici e climatici e sviluppare progetti e piani di adattamento e resilienza a livello europeo, nazionale e regionale.
Come ad esempio la riforestazione e l’agricoltura basata su specie che richiedono un limitato supporto idrico. Ma attenzione alle conseguenze del “maladaptation”, avverte Nauman, ossia a soluzioni attuate per avere beneficio in un settore ma che hanno effetti negativi in altri settori, come avviene ad esempio con la desalinizzazione, la quale “aumenta la disponibilità di risorse idriche per l’agricoltura ma è una pratica estremamente energivora”.
L’80 dell’umanità respira aria inquinata e malsana. Come fare? Alberi, alberi e ancora alberi
La riforestazione ricorre puntale quando si parla di contrasto al clima ormai nostro nemico come soluzione principe in vari contesti. Il rapporto IPCC ci ricorda il perché: “Le foreste aiutano a regolare il flusso dell’acqua e le risorse idriche attraverso i servizi ecosistemici legati all’idrologia” e aiutano a contrastare i gas serra posto che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ormai il 80%% dell’umanità respira aria inquinata e malsana.
Misura ottenuta attraverso una combinazione di immagini satellitari provenienti da tutto il mondo e dati raccolti da migliaia di città: più esattamente il rapporto OMS si riferisce al monitoraggio dell’aria avvenuto soprattutto dal 2010 al 2019 in più di 6mila aree urbane in 117 Paesi e contempla la morte evitabile di 7 milioni di persone.
I dati OMS introducono i valori della misurazione a terra delle concentrazioni medie annuali di biossido di azoto (NO2) un comune inquinante urbano, precursore del particolato e dell’ozono e associato a malattie respiratorie, come l’asma e portatore di sintomi respiratori come tosse, respiro sibilante o difficoltà respiratorie. Per l’OMS Il NO2 si riscontra in 4mila località in 74 Paesi.
Il NO2 si affianca alle misurazioni di particelle con diametro uguale o inferiore a 10 micron (PM10) o 2,5 micron (PM2.5) i due gruppi di inquinanti strettamente legati alle attività umane che adoperano i combustibili fossili.
Oltre ai prezzi elevati dei combustibili fossili e alla sicurezza energetica, la salute mondiale strettamente legata all’inquinamento atmosferico, principale causa del cambiamento climatico, impone una veloce transizione a fonte energetiche pulite.