Giulio Regeni: svolta inaspettata delle indagini

Giulio Regeni, svolta inaspettata delle indaginiSarebbe a una svolta clamorosa il caso Regeni. A due giorni dalla fiaccolata in commemorazione della sua scomparsa, organizzata, fra le altre associazioni da Amnesty International, con la quale si richiamava l’attenzione sulla vicenda Regeni,    giunge, inattesa dal notiziario de La 7 delle 20,00 del 27 luglio del 2016,  la notizia dei risultati dell’analisi di 9 delle celle del traffico telefonico di quei tabulati, che l’Egitto ha sempre negato alla Procura di Roma, perché ritenuto incostituzionale per violazione della privacy.  Il servizio televisivo di Flavia Filippi c’informa che forse 5 o 6 ufficiali della polizia egiziana erano vicini a Giulio Regeni il 25 gennaio 2015, giorno della sua scomparsa, quando Giulio salì in metro e lo hanno affiancato quando è sceso.  Uno o due di loro, inoltre, era nei  pressi dell’autostrada il 3 febbraio 2016, giorno e luogo in cui è stato ritrovato il corpo di Giulio.

Gli stessi ufficiali dovrebbero essere interrogati dai magistrati egiziani, che fra i tanti hanno ascoltato anche il capo del sindacato dei venditori ambulanti, il quale dopo aver visto sfumare l’arrivo di una somma di denaro destinata a un progetto accennato da Giulio poi tramontato, sarebbe andato dalla polizia per denunciare Giulio con l’accusa di essere una spia.

L’evolversi dell’inchiesta farebbe cadere definitivamente la tesi della banda di ladri come responsabili della morte di Giulio sostenuta dell’Egitto, ma sempre ritenuta un depistaggio sia dagli investigatori italiani sia dai familiari dei componenti della banda.

Tesi smentita anche dalla relazione del Istituto di Medicina Legale del Cairo, secondo la quale non esiste nessun collegamento fra il dna di Giulio Regeni e quello dei 5 uomini della banda uccisi nel corso di una sparatoria, probabilmente voluta, per poterli accusare come gli assassini del ricercatore, facendo trovare a casa del capo banda gli effetti di Giulio.

È presumibile, continua il servizio de La7 di Flavia Filippi, che saranno decisi accertamenti di confronto tra il dna  riscontrato sulla coperta militare trovata accanto al cadavere di Regeni e il dna degli ufficiali identificati dall’analisi delle celle telefoniche.

Quindi finalmente si è avviata la collaborazione tra gli inquirenti italiani e quelli egiziani. Così come sono giunti alla decisione su chi fra le due autorità sosterrà gli elevati costi per l’ esame di ulteriori celle che avverrà in un centro specializzato tedesco da settembre 2016, per tentare di recuperare le immagini sovrascritte delle telecamere piazzate lungo il percorso effettuato da Giulio Regeni

Il 28 luglio 2016, un ulteriore servizio di Flavia Falippi ci conferma che il vice procuratore Mostafa Soliman, interrogherà gli ufficiale del

Il vice produratore Mostafa Soliman

Il vice produratore Mostafa Soliman

distretto di Giza, che erano sullo stesso treno della metropolitana su cui viaggiava il ricercatore italiano.

Soliman è il magistrato che nell’aprile scorso dichiarò che la legge egiziana impediva la consegna dei tabulati telefonici, negandoli alla Procura di Roma, ma è anche il magistrato che nell’autunno del 2015, senza remore, fece condannare con la accusa di omicidio premeditato l’agente che il 24 gennaio 2015 in Piazza Tahrir, nel corso della manifestazione organizzata per il IV anniversario della rivoluzione, aveva sparato, uccidendola, l’attivista Shaima Al-Sabbagh, di 32 anni, morta fra le braccia del marito.

Inoltre veniamo a sapere che durante i mesi scorsi, gli investigatori egiziani hanno interrogato tutti i dipendenti delle metropolitane delle stazioni attraversate da Giulio.

Lo studio del traffico e delle celle telefoniche ha raccontato molto. Ad esempio hanno fatto escludere il coinvolgimento del coinquilino di Regeni e di un suo amico. In un primo momento sembrava che lo avessero pedinato, poi i sospetti si sono dissolti.

Come già anticipato l’analisi delle celle telefoniche ha escluso definitivamente il coinvolgimento della banda; il 25 gennaio 2016 il capo della banda era a 100 chilometri dal luogo della scomparsa di Regeni.  Il GPS dice che il pulmino era in officina e, soprattutto, la relazione dell’Istituto di Medicina legale afferma la non compatibilità tra le tracce biologiche riscontrate sugli indumenti di Regeni e il dna dei membri della banda, periti non nel corso del conflitto a fuoco, come raccontato da due poliziotti, ma assassinati a freddo mentre erano inermi. Gli stessi due poliziotti che dieci giorni fa, sono stati interrogati dai magistrati.

Ma,  dice Flavia Filippi “tornando agli agenti del distretto di Giza che a breve dovranno spiegare perché si trovavano così vicini a Regeni 6 mesi fa, è già pronta la domanda che è la chiave di tutto: Conoscono chi portò a casa de capo dei banditi i documenti di Giulio Regeni?”.

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