Eleonora d’Arborea. La moderna legislatrice sarda del Trecento
La neo presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, non ha mancato di ricordarla. Ci riferiamo a Eleonora giudicessa d’Arborea, che ampliò la famosa Carta de Logu promulgata nella sua prima versione – 1345 -1376- dal padre Mariano IV.
Eleonora (1340 ca – 1404 ca) assunse il potere del Giudicato di Arborea (Sardegna centro – occidentale), dopo l’uccisone del fratello Ugone nel (1383).
Come giudicessa (sovrana) revisionò la Carta destinata al territorio del suo regno, ma per il suo carattere organico di nome civili e penali e sugli usi e costumi fu considerata un innovativo testo legislativo. La Carta con le sue revisioni fu promulgata nel 1392.
Nel 1421, Alfonso il Magnanimo, (della casa reale Trastámara d’Aragona), principe di Sardegna, ne estese l’applicazione a tutta la Sardegna.
Da allora rimase in vigore come legge generale dell’isola fino al 1827,quando venne sostituita dal Codice feliciano.
Scritta in sardo (in dialetto logudorese), affinché tutti potessero capirla La Carta de Logu promulgata da Eleonora ‘pro conservari sa justicia dessu populu de sa terra nostra e de su Regnu d’Arborèe’, per alcuni giuristi moderni rappresenta un importante esempio trecentesco di attuazione, seppur in nuce, di uno stato di diritto. Un’architettura di norme giuridiche generali e astratte per l’organizzazione e il funzionamento della res pubblica nell’eguaglianza giuridica dei soggetti individuali, ai quali garantisce la certezza del diritto. Dunque, i cittadini godono di diritti soggettivi, per riconoscimento costituzionale.
Esempio della modernità dello Statuto di Eleonora – e che tuttora riguarda situazioni, ahinoi, di grande attualità – sono le norme in difesa della donna e contro l’usura.
Nella Carta la figura della donna è considerata dapprima come sposa e, per revisione successive, nella sua posizione di nubile, vergine, adultera, lavoratrice e, al pari all’uomo, perseguibile dalla legge se artefice di reati.
Molte le disposizioni nei confronti della violenza fisica, pur con dei distinguo secondo lo status sociale e civile. L’abuso nei confronti di una donna sposata veniva punito con una multa pecuniaria salata o taglio del piede (siamo pur sempre nel Trecento) se non risarcito: inferiore la multa di denaro per violenza sulla donna nubile e annullamento della pena con il matrimonio riparatore qualora la donna fosse consenziente. Nessuna pena, invece, era contemplata per la violenza protratta nei confronti di una prostituta. E qui torniamo allo spirito dell’epoca.
La Carta de Logu di Eleonora, persiste nel tempo oltre alla sua valenza giuridica, per l’interesse che desta nei linguisti il volgare sardo con cui è redatta.