La Sacra di San Michele e l’incendio del 24 gennaio

Aveva colpito tutti, non solo i piemontesi, vedere le fiamme sul tetto dell’abbazia della Chiusa. E poi quel fumo nero che saliva al cielo aveva recato angoscia ai padri rosminiani, che sono delegati alla sua custodia.  Si era pensato che una malvagia mano dell’uomo fosse colpevole,  che  forse  i maldestri lavori in corso per portare migliorie al tetto, ove l’acqua aveva prodotto infiltrazioni, avessero causato  qualche corto circuito, e si fosse così prodotto, sull’antica costruzione, qualche danno irreparabile. Grazie all’intervento immediato e molto coraggioso dei vigili del fuoco, l’incendio era stato domato in poche ore.

Oggi sappiamo che, pur essendo ancora in corso accertamenti più approfonditi, le cause e l’ipotesi più plausibile del fatto è da attribuire al catrame, troppo bollente, usato dalla ditta addetta ai lavori di manutenzione. Il fuoco è dunque scaturito da un cannello utilizzato per stendere il catrame. Lo strato di questo materiale era rovente, nonostante le basse temperature esterne, e steso sul lastrico del tetto ha innescato il rogo.  Fin da subito si sono attivate molte persone, il sindaco, la soprintendenza alle belle arti, architetti, le autorità religiose, tutti pronti affinché questo patrimonio venga ripristinato al più presto e rimesso tra i  siti turistici da visitare, essendo uno tra i più importanti della regione Piemonte.

L’abbazia di Sacra San Michele, transito tra Italia e Francia

La Sacra di San Michele è un’abbazia arroccata sulla vetta del monte Pirchiriano, è un monumento eminente, da sempre  considerato quale transito tra Italia e Francia, ed è visitato in media da oltre 100.000 persone, ogni anno.

Una lapide testimonia la sua esistenza già in epoca romana ed in effetti  doveva essere un presidio militare.  Una leggenda narra che sarebbe stato l’arcangelo Michele, apparso a San Giovanni Vincenzo, allora eremita, a  sollecitarlo a costruire un santuario, e gli studiosi attribuiscono proprio a San  Giovanni la realizzazione delle nicchie e delle colonne, che sono simili a quelle ritrovate in quel di Bisanzio.

Una chiesetta fu eretta nel VI secolo e fu dedicata proprio a San Michele, ma la costruzione di una nuova abbazia è datata ed identificata tra il 983 e il 987.  I benedettini la presero in consegna e i pellegrini che percorrevano la via Francigena, furono accolti tra quelle mura. Divenne quindi tappa obbligata per i ritiri spirituali ed ospitò molti eremiti dediti alla preghiera.

Un complesso più grande, in stile romanico fu poi costruito tra il 1110 ed il 1255, e gli elementi architettonici furono arricchiti da finestre bifore e da volte poste all’interno. Crollate queste ultime nel XVI secolo, furono sostituite da un’unica volta nella navata centrale che però venne demolita nell ‘800 e solo nel 1937 una triplice volta a crociera prenderà il suo posto nella Chiesa attuale.

Per anni questa splendida costruzione andò incontro a devastazioni e declino, fino a quando Carlo Alberto di Savoia, intervenne con restauri e grandi lavori, recuperando  le originali parti del manufatto che avevano,  significativamente, uno stile gotico.  Vi fece traslare 24 salme di reali di casa Savoia e nel 1836 decise di consegnarla ad una congregazione religiosa, quella di Antonio Rosmini.   In accordo con il Papa Gregorio XVI che nell’agosto della stesso anno, con un breve apostolico,  l’affidò ai padri rosminiani.

Quando parlare di democrazia, libertà e giustizia sociale era difficile

Ecco quindi che la figura di Antonio Rosmini, grande filosofo della politica e del diritto, che scrisse Costituzione secondo la giustizia sociale, prende visibilità ai giorni nostri.

Si parla tanto di libertà e democrazia, ma parlarne nel 1800 era molto difficile.  Per il Rosmini vi era solo amore per la verità che è l’essenziale di ogni virtù.  Avere la forza di viverla e non abbandonarla è già vivere da persone libere.

E lassù, nella Sacra di San Michele, in cima ad una montagna incantata, ci si rende conto che tutti siamo creati per il bene.

Troppo vicino il cielo per non contemplarlo, anche perché è infinito. E proprio se guardi in alto, ti accorgi che la vita è solo una interpretazione momentanea di una commedia il cui finale non conosce nessuno.

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Una risposta

  1. Sigita ha detto:

    Thank you for your compliments, we hope you continue reading us.

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