Ictus, Alzheimer, Parkinson. Incontro con il Prof. Placido Bramanti

Prof. Placido BramantiQuanto è importante la diagnosi preclinica nelle patologie neurologiche? Quale è lo stato dell’arte in Italia relativo alla conoscenza di nuove terapie ed interventi per malattie neurologiche come l’ictus e patologie neurovegetative come il Parkinson e l’Alzheimer? Ogni anno 15 milioni persone sono colpite da ictus e 6 milioni muoiono.  Il paziente post-ictus può presentare una condizione altamente invalidante e in alcuni casi degenerare in demenza.

Solo in Italia, ci sono 250.000 casi di pazienti affetti da Parkinson e 600.000 pazienti affetti da Alzheimer. Numeri che con l’aumento dell’età della popolazione sono destinati a crescere.

La conoscenza e la gestione di queste patologie è essenziale per il miglioramento della qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari, così come strutture ospedaliere organizzate in grado di intervenire in modo immediato in insorgenze di patologie neurologiche come l’ictus. Il pronto intervento, grazie ad unità ospedaliere specifiche come le Stroke Unit (Unità di emergenza per l’ ictus cerebrale) consentono terapie immediate che, in molti casi, possono salvare la vita al paziente, alla pari delle Unità coronariche. La formazione di medici specializzati è essenziale. Ne abbiamo parlato con il Prof. Placido Bramanti, Segretario Regionale SIN (Società Italiana Neurologia) Sezione Sicilia e Direttore Scientifico dell’IRCCS Centro Neurolesi Bonino-Pulejo di Messina.

Ictus cerebrale

Perché pochi ospedali in Italia sono attrezzati di una Stroke Unit che consentano l’interventistica vascolare?

L’ictus è un’emergenza, perciò la persona con un sospetto ictus deve ricevere il prima possibile le cure più adatte. Va contattato subito il 118, perché è fondamentale essere trasportati con urgenza nell’ospedale più vicino, possibilmente dotato di un centro organizzato per l’emergenza ictus, cioè l’Unità Urgenza Ictus o Stroke Unit.

Queste Unità sono composte da un team di professionisti multidisciplinari (sia medici sia infermieri) che conoscono il problema e sono in grado di trattarlo a perfezione.

Confronti fra dati di diversi studi condotti in diversi Paesi, hanno rilevato che con questa modalità gestionale si riducono statisticamente sia la mortalità sia il grado di invalidità di chi ha subito un ictus, indipendentemente dalla gravità e dall’età di chi è colpito.

Essenziale è cercare di far arrivare la persona nella struttura specializzata quanto prima in modo che esegua subito gli esami, la TAC in particolare, per capire se l’ictus è stato determinato da un’ischemia o da un’emorragia. Nel primo caso, infatti, si può procedere alla trombolisi, una tecnica in grado di sciogliere il coagulo che impedisce al sangue di arrivare al cervello.

La cosa importante, però, è agire entro le prime tre-quattro ore al massimo perché, dopo quest’arco di tempo può verificarsi un’emorragia in seguito al trattamento. Naturalmente, prima si interviene, più parti di cervello possono essere salvate.

Dato che una Stroke Unit deve essere composta da diverse professionalità, quali neurologo, neuroradiologo interventista, cardiologo, esperto in doppler, è necessario che risieda in strutture ospedaliere dotate di neurologia d’urgenza, radiologia con specialisti in neuroradiologia interventistica e avere h24 tutte le figure, compreso cardiologo ed ultrasonologo.

Molti casi di ictus che hanno provocato il decesso del paziente si sarebbero potuti evitare con un intervento adeguato?

Sicuramente si. Il trattamento precoce, attraverso trombolisi, potrebbe ridurre il caso di decessi per ictus. La trombolisi avviata il più presto possibile dalla comparsa dei sintomi di ictus ischemico acuto non solo riduce la mortalità intraospedaliera e la frequenza di emorragie intracraniche, ma aumenta le probabilità di dimissione al domicilio in deambulazione autonoma.

Quale la prevenzione più corretta per l’ictus? Si citano spesso i seguenti elementi: attività fisica, legami affettivi, vita sociale attiva. Quali di questi può essere un fattore determinante?

Tutti questi fattori sono determinanti, se associati ad un corretto stile di vita, una corretta alimentazione e un adeguato controllo dei principali fattori di rischio (fumo, ipertensione arteriosa, diabete, obesità, dislipidemia, cardiopatia). Ricordiamo che l’ictus non è solo una patologia per le persone anziane, ma può colpire anche i giovani e, in questo caso, è importante sensibilizzare i giovani rispetto alle conseguenze di uno stile di vita non adeguato.

Se si individuano i sintomi di un ictus, ma non si ha una Unit Stroke vicino, quale è l’azione più efficace da intraprendere?

Bisogna comunque andare al più vicino pronto soccorso, e se esistono le condizioni di un trattamento trombolitico, sarà la stessa struttura ospedaliera a richiedere il trasporto immediato presso la stroke unit piu’ vicina.

Quali i progressi in questi ultimi anni nelle terapie post-ictus? La musicoterapia è diffusa o appartiene solo a centri di eccellenza?

Fermo restando che la prevenzione rimane la principale arma in nostro possesso, è la riabilitazione a dover essere considerata come il trattamento principale da effettuare, il più precocemente possibile, dopo un ictus. Anche la musicoterapia può essere considerata come trattamento riabilitativo, anche se, ad oggi, il suo utilizzo è sottostimato. Una recente revisione sistematica Cochrane, che ha valutato i dati raccolti in sette studi clinici condotti su un totale di 184 pazienti, conferma che la musicoterapia, effettuata da un terapista esperto, potrebbe aiutare i pazienti colpiti da ictus a recuperare le funzioni motorie.

Quattro degli studi valutati criticamente si focalizzavano specificamente su pazienti colpiti da ictus e tre di questi hanno confrontato l’efficacia della Stimolazione Uditiva Ritmica (RAS) con quella delle terapie riabilitative standard. Come docente dell’Università di Messina e Segretario Regionale SIN ho proposto lo sviluppo di un Master di II Livello che possa rispondere ad un’esigenza formativa crescente in tale ambito. La preparazione di figure mediche specializzate in questo settore rappresentano una nuova frontiera dell’interventistica ospedaliera.

Parkinson e Alzheimer

In quali casi è consigliata la diagnosi preclinica?

Nell’ambito della patologie neurodegenerative, quali Malattia di Parkinson (MP) e Malattia di Alzheimer (MA), la diagnosi preclinica è essenziale per cominciare un trattamento farmacologico precoce.

Nel caso del Parkinson in quali casi è consigliata la terapia combinata tra impianto DSB e levodopa?

Nei casi di MP in fase avanzata, che però non rispondano più alla levodopa, non abbiano più di 65 anni e che non abbiano importanti disturbi cognitivi e psichiatrici.

A molti anziani è stato sconsigliato l’impianto DSB. Ci sono farmaci innovativi che possano alleviare i sintomi?

L’uso combinato di levodopa, dopaminoagonisti ed IMAO, da buoni risultati, nel trattamento della Malattia di Parkinson non suscettibile di intervento con DBS.

Accanto a questi trattamenti, l’utilizzo di Dopa sotto forma di gel intestinale (Duodopa), ha dato un notevole input al superamento dei problemi legati alla disfagia. Anche il trattamento riabilitativo precoce, se associato al trattamento farmacologico, può dare risultati soddisfacenti.

La cannabis potrebbe essere utilizzata per calmare il dolore?

L’uso della cannabis è stato approvato nel trattamento della spasticità nella sclerosi multipla, riducendo, con ottimi risultati, il dolore in questi pazienti. Nella MP e nella MA, non ci sono studi standardizzati a riguardo, ma nuovi studi in questo ambito, stanno mostrando il ruolo della cannabis anche in questa patologie neurodegenerative.

Quali sono i livelli di assistenza per le famiglie che hanno un familiare malato. Due coniugi che vivono soli hanno diritto ad un aiuto dallo Stato per malattie così invalidanti?

Purtroppo, ad oggi, non esiste una rete integrata di servizi, adeguata. L’assistenza domiciliare spesso non riesce a coprire tale disagio, anche se le associazioni di volontariato, specie nell’ambito della MA e MA, stanno facendo tanto. Da un punto di vista normativo, se viene accertato il giusto grado di invalidità, così come avviene per tutte le altre patologie, non solo neurologiche, si ha diritto ad assegni familiari. Nel caso della SLA, ad esempio, in alcune regioni italiane, si ha diritto ad assegni specifici.

Quali sono le frontiere innovative per entrambe le malattie?

La diagnosi precoce, effettuata con apparecchiature ad alto livello (RMN ad alto campo, LEP, Olfattometria, High density EEG), ha permesso di ottenere un miglioramento della qualità’ di vita ed una riduzione della progressione di malattia, grazie ad un tempestivo trattamento farmacologico e riabilitativo. Al momento,è questa la nostra arma migliore, anche se numerosi trials sperimentali stanno dando nuova linfa a noi neurologi. Andrebbe soprattutto instaurato un dialogo con il medico di famiglia, che dovrebbe subito inviare il proprio paziente, allo specialista competente. La prevenzione, comunque, dei principali fattori di rischio, resta sempre la prima arma in nostro possesso.

Per le malattie rare di origine neurovegetativo ci sono spiragli di speranza?

Le malattia rare, a qualunque ambito appartengano, sono un sfida quotidiana per noi, per le poche armi in nostro possesso. La ricerca, in questo settore, sta facendo, grandi progressi, sia da un punto di vista di laboratorio, che riabilitativo, grazie alle innovazioni tecnologiche in nostro possesso.

Da parte del Ministero della Salute in questo momento vi è grande attenzione sulle Malattie Rare, rispetto alle quali sta crescendo il livello di conoscenza e di conseguenza le famiglie sono sempre meno sole.

Per maggiori informazioni

SIN (Società italiana di Neurologia)

Stroke Unit in Italia ( Il link fa riferimento ad A.L.I.Ce Italia, Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale)

Alzheimer Italia

AIP – Associazione Italiana Parkinsoniani

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