Real Ice, la startup che vuole ri-ghiacciare l’Artico

Real Ice è una start up britannica che dal 2022 ha riunito un team, di competenze varie, per ripristinare l’ecosistema artico su larga scala: un’azione fondamentale, ci dice Real Ice, tanto quanto lo è rafforzare le foreste fluviali piantando alberi, per evitare catastrofi globali da surriscaldamento climatico.

Nel corso degli ultimi 40 anni si è osservata una riduzione del volume del ghiaccio marino artico del 75%, provocando, secondo l’ONG, la perdita della sua superficie riflettente le radiazioni solari e aumentando, così, il riscaldamento della Terra, perché il mare aperto, che sostituisce la superficie, assorbe tantissima energia che emette nell’atmosfera.

Imprescindibile allora “righiacciare l’Artico” sostiene Simon Woods, presidente esecutivo di Real Ice, per “preservare la biodiversità naturale di un ecosistema critico e proteggere le comunità locali dagli effetti drastici del riscaldamento regionale che provoca lo scioglimento catastrofico”.

Il sistema AquaFreezing

Per raggiungere tale scopo la Real Ice si serve del sistema chiamato AquaFreezing che si basa “sulla ricerca scientifica ed è progettato per migliorare il processo naturale di generazione del ghiaccio marino (il congelamento dell’acqua di mare in ghiaccio marino), sfruttando energia rinnovabile a emissioni zero e semplici dispositivi di pompaggio dell’acqua”.

Un’ impresa che sembrerebbe impossibile e che invece sta dando i primi risultati positivi, dimostrandone la sua fattibilità, come ha annunciato alla stampa, l’esperto di tecnologie toscano Andrea Ceccolini, tra i membri del team Real Ice.

Prova riuscita. Gli Inuit sono entusiasti

L’anno scorso, quando i livelli alti del mare iniziavano a ghiacciare, è stata pompata acqua marina sulla superfice in modo che si ispessisse più rapidamente. “Bagnandola l’abbiamo fatta ghiacciare e appesantire facilitando il raffreddamento e l’immersione in mare della banchisa, così che cresca in superficie e spessore” ha spiegato Ceccolini al Venerdì di Repubblica.

In questo 2024 i risultati di questa prima volta riuscita nell’Artico canadese, condotta da Real Ice in collaborazione con l’Università di Cambridge. “Siamo riusciti ad aumentare lo spessore di una lastra dighiaccio di 25 centimetri sopra e 25 sotto il mare”.

Gli Inuit sono “entusiasti” del risultato. “Finalmente i bianchi propongono soluzioni invece di portarci le solite brutte notizie” hanno commentato alla squadra Real Ice.

Un’ impresa immane

Continuare con il progetto, come si propone Real Ice, è un’impresa immane: si tratterebbe di intervenire ogni autunno su un milione di chilometri quadrati di ghiaccio, un quarto del totale.

“Riconosciamo che ci vorrebbero molti gruppi che lavorino su strategie multiple. Il nostro ruolo – sottolinea la startup – è progettare e testare sistemi di ripristino che siano scalabili, sostenibili e adattabili in stretta collaborazione con le comunità artiche locali, maggiormente colpite dalle conseguenze ambientali”.

Diventare parte di una soluzione

La startup è aperta ad accogliere la collaborazione di chiunque voglia “diventare parte di una soluzione di azione diretta nella lotta contro il cambiamento climatico” come scrive sul proprio sito.

Si può partecipare offrendo la propria competenza o finanziando sia la ricerca che gli interventi in campo che, secondo Coccolino, ammonterebbero a qualche decina di miliardi l’anno. Tanto ma meno, ha precisato di “quanto costi un solo tifone o nubifragio distruttivo”. Senza considerare, poi, che “righiacciare l’Artico” oltre a rallentare la crescita del livello del mare, ripristinerebbe la catena alimentare basata sulle alghe che crescono sotto il ghiaccio alimento essenziale per foche, trichechi e orsi”.

I droni sottomarini progettati dalla Sant’Anna di Pisa 

Intanto la startup raccoglie fondi pubblici e privati e l’attenzione di importanti istituzioni scientifiche, solleticate da un eventuale collaborazione, come la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che al progetto di Real Ice ha dedicato, nel luglio 2024, un seminario con Andrea Coccolino.

Sono progettati dal centro universitario di formazione toscano, infatti, i droni sottomarini che verrebbero utilizzati sotto la banchisa per forare termicamente i 30 – 40 centimetri di ghiaccio sopra di loro, ha spiegato Coccolino, per poi “spargere acqua marina attorno al buco e tornare a rifornirsi di elettricità presso stazioni a terra. Ne servirebbero circa 500 mila oltre a una rete di basi costiere”.

 

Immagine: Alaska, il team di Real Ice (Andrea Coccolino è il secondo da sinistra)  invitato  alla Nome High School per parlare con gli studenti del ghiaccio marino e dei progetti per il futuro – photo by Real Ice

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Una risposta

  1. Roberto ha detto:

    Grandissimi !!

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