PinK1, la proteina all’origine del Parkinson. Com’è e come funziona

Per la prima volta un gruppo di ricercatori del WEHI – Parkinson’s Disease Research – istituto di ricerca medica australiano Walter and Eliza Hall – ha osservato sia la struttura sia il meccanismo d’azione di Pink1, la proteina ritenuta all’origine precoce della malattia del Parkinson.

La PinK1 (da PTEN-induced kinase 1) è stata individuata 20 anni fa ma finora non si conoscevano le sue caratteristiche che, ora decifrate, potrebbero condurre allo sviluppo di nuove medicine per questa forma di malattia neurodegenerativa ancora incurabile

Il sito focus.it descrive la relazione tra PinK1 e la patologia, sotto la luce di queste nuove conoscenze, come “una proteina chiave per sbarazzarsi dei mitocondri danneggiati e, che in una sua forma mutata è collegata direttamente alla malattia di Parkinson”.

Lo studio australiano – pubblicato sulla rivista Science – grazie alla scoperta della conformazione esatta della proteina, avvenuta con l’utilizzo di tecniche e tecnologie avanzate, mostra, infatti, i “meccanismi di attracco ai mitocondri e di attivazione”,

I mitocondri sono le centrali energetiche delle cellule: la funzione della proteina PinK1 consiste nel monitorare e mantenere nelle giuste condizioni i mitocondri. Come lo fa? Quando questi organi si danneggiano PinK1 attiva una risposta cellulare che può ripararli o eliminarli (processo di mitofagia).

Ma se PinK1 subisce una disfunzione i mitocondri si accumulano, smettono ei produrre energia e rilasciano sostanze tossiche che provocano la morte di precise cellule (neuroni dopaminergici), considerata uno dei fattori chiave dell’insorgenza del Parkinson,

David Komander, coordinatore del team di ricerca, ha commentato i risultati raggiunti così: “Questa è una pietra miliare significativa per la ricerca sul Parkinson. È incredibile vedere finalmente Pink1 e capire come si lega ai mitocondri. La sua struttura rivela molti modi attraverso i quali è possibile modificare la proteina e questo potrà cambiare la vita delle persone affette dalla malattia”.

 

Immagine by WEHI Parkinson’s Disease Research

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