L’archeologia italiana in Kurdistan e Iraq. Tutto chiede salvezza
A Erbil (Kurdistan) il Consolato italiano, con le autorità locali, ha organizzato presso la Gallery Media Hall una mostra fotografica dedicata alle 11 missioni archeologiche che le università italiane conducono nel Kurdistan iracheno dal 2011.
Oltre alla mostra fotografica l’evento comprende un catalogo, un seminario e il sito web archeokri.it che documenta dettagliatamente i lavori.
Le missioni sono espressione della collaborazione culturale e scientifica con la Regione curda e con tutto l’Iraq, del quale, secondo il console Michele Camerota, l’Italia detiene il primato nell’impegno di valorizzazione e conservazione del patrimonio storico e archeologico della Regione, spesso ricordata come “culla di civiltà”.
La mostra consta di 31 pannelli fotografici: ogni immagine racconta una storia di questa preziosa parte del Mondo. Il catalogo, curato da Serenella Mancini e pubblicato in italiano, inglese e curdo, riporta ancora le immagini e la descrizione dei singoli progetti, ampiamente restituitici anche dal sito archeokri.it, di gratuita e facile consultazione.
Contro la furia devastatrice di Daesh
Qui troviamo notizie riferenti anche a uno degli ultimi progetti avviati. Si tratta di ReLand che, dal gennaio 2023, vede sul campo l’Università degli Studi di Palermo, congiunta alla Direzione Generale delle Antichità di Duhok (Regione del Kurdistan in Irak – KRI), con l’intento di valutare gli effetti delle oscillazioni del livello dell’acqua del bacino della diga di Mosul sul patrimonio archeologico dall’alto Tigri iracheno, dove sussistono 275 siti archeologici di grande importanza e interesse.
Sul luogo, come responsabile del progetto, l’archeologa Paola Sconzo, professore dell’UniPa, veterana delle missioni.
“Sono arrivata in Kurdistan nel 2013. Abbiamo vissuto solo un anno in sicurezza” ha raccontato Paola Sconzo all’Agenzia Dire. Subito dopo ci fu l’attacco dei fondamentalisti islamici di Daesh e l’inizio di giorni difficilissimo le cui “ripercussioni” si sono protratte per i successivi 3 anni, segnati dalla paura di assistere alla distruzione di questa cultura millenaria.
Progetto RaLand. Studio delle fluttuazione delle acque sul patrimonio archeologico
Oggi è soltanto un brutto ricordo e le forze dell’archeologa sono concentrate sui “siti distrutti ciclicamente dalla fluttuazione del livello della diga di Mosul che sommerge il paesaggio e procura erosione e distruzione”.
I responsabili sono i grandi bacini idroelettrici costruiti nelle Medio Oriente, necessari in questa terra arida, ma che procurano danni al patrimonio archeologico.
Il progetto ReLand prevede una ricerca sul campo per analizzare i dati di 10 siti sulla sponda orientale del bacino, scelti tra quelli maggiormente a rischio che riemergono ogni anno.
Attraverso la combinazione di studi compilativi e bibliografici, le analisi da remoto e gli interventi sul campo con tecnologie all’avanguardia, oltre alla valutazione dello stato di conservazione, il progetto ReLand, come spiegato sul sito dedicato, include interventi mirati di salvataggio e la verifica e la definizione di “un protocollo di tecniche, metodi e procedure di monitoraggio e salvaguardia che supporti la a pianificazione di future strategie di intervento da parte delle Direzioni delle Antichità del luogo”.
Tempi e luoghi della mostra
La mostra a Erbil, inaugurata il 2 maggio 2024, si protrarrà fino al successivo 21, per poi spostarsi in altre località della Regione.
Immagine: paesaggio della diga di Mosul ripreso da un drone – photo by archeokri.it – project ReLand