La risposta dell’Onu ai ragazzi del Fridays for Future
Mentre i ragazzi e le ragazze si riversavano per le strade delle città del mondo per manifestare contro il surriscaldamento globale (15 marzo 2019) a Nairobi (Kenya) terminavano i lavori dell’Assemblea per l’Ambiente dell’Onu.
La dichiarazione ministeriale finale che riassume le negoziazioni avvenute tra i Paesi presenti durante i 5 giorni del vertice parla della disponibilità dei sottoscrittori “di aumentare gli sforzi per affrontare le comuni sfide ambientali, comprese quelle concernenti la salute, in modo equilibrato e integrato”. Ma, come riporta la stampa internazionale, le trattative sono state difficili, il documento finale è stato concordato all’ultimo momento tanto da ritardare la cerimonia di chiusura. Comunque approvato da 170 Paesi, come ha annunciato il presidente dell’assemblea, il ministro estone dell’Ambiente, Siim Kiisler (nella foto in alto), nel corso della conferenza stampa.
Il testo finale, lotta alle microplastiche ma non alla deforestazione
Il testo finale dedica ampio spazio ai provvedimenti da adottare per l’eliminazione della contaminazione marina prodotta dalla plastica e dalle microplastiche. Un punto che si è scontrato con la riluttanza degli Usa, che ritiene che il contrasto a questa forma d’inquinamento debba essere fatta “in un preciso contesto”: ossia concentrando il problema sui “Paesi asiatici” perché “inquinano maggiormente gli oceani” rispetto agli altri.
Il documento riafferma l’impegno di ridurre significativamente entro il 2030 i prodotti di plastica monouso e di lavorare accanto al settore privato “per trovare alternative economicamente accessibili ed ecologiche”. Secondo l’ultimo rapporto del WWF sono circa 100 milioni le tonnellate di rifiuti di plastica annui nel mondo e di queste circa 9 milioni finiscono negli Oceani.
Per quanto riguarda l’altrettanto importante problema della deforestazione il vertice si è concluso con un nulla di fatto, le delegazioni presenti non hanno trovato punti di convergenza sull’argomento e nel documento finale è appena menzionata.
Ma non doveva esserci un New Deal?
Ancora una volte la risoluzione finale richiama l’urgenza di adottare “modelli di produzione e di consumo sostenibili” che si ottengono attraverso “l’economia circolare e altri modelli sostenibili” la realizzazione dei quali però necessita di risorse economiche, politiche coerenti, buon governo e il rispetto della legge a livello globale, regionale nazionale, subnazionale e locale”.
Su questa linea anche gli scienziati e gli esperti che hanno sottolineato l’importanza dell’impegno per raggiungere gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, perché racchiudono temi trasversali alle finalità pro climatiche. Come a dire: non si risolve il problema dell’ambiente se non si risolve il problema della povertà, dell’accesso all’acqua, dei servizi igienico-sanitari, dell’energia, della gestione degli alimenti e dei rifiuti; gravi difficoltà che si superano soltanto “se lavoriamo insieme e coordinatamente con tutti gli attori e le organizzazioni internazionali”.
Se questa Assemblea, composta da 5mila rappresentanti di 193 Paesi, doveva approdare al New deal per la (comune e condivisa) gestione delle tematiche ambientali, come ottimisticamente qualcuno aveva annunciato all’apertura dei lavori, ebbene la risoluzione finale non sarebbe potuta essere più deludente.
Tutti concordi (rappresentanti nazionali e scienziati) nell’affermare “che è ora di agire” (già sentito ndr) perché “ sono in aumento: l’inquinamento, gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e lo sfruttamento delle risorse naturali”. Ma sono tanti i Paesi che ancora non riescono a vedere oltre ai propri interessi immediati.
E allora cosa risponde l’Onu ai giovani del Fridays for Future?
E allora cosa risponde l’Onu al milione e passa di giovani che lo stesso giorno protestavano nelle città del mondo per chiedere agli adulti di fare ciò che loro potrebbero non avere il tempo di fare? Cosa risponde a Greta Thunberg che giusto da questa sede ha risvegliato le coscienze del mondo? Che hanno capito meglio degli adulti la vera dimensione della sfida posta dai cambiamenti climatici. Che stiamo giocando con la vita una corsa contro il tempo e la stiamo perdendo. Così gli risponde Antonio Guterres (nella foto a lato), segretario Generale dell’Onu, in un editoriale pubblicato dal britannico The Guardian, dove ammette che “nonostante siano anni che parliamo del problema, le emissioni mondiali hanno raggiunto livelli da record”. E aggiunge: “Abbiamo sì l’Accordo di Parigi, che dice esattamente cosa fare per invertire gli effetti negativi sul clima, ma rimane lettera morta se non è accompagnato da azioni e misure ambiziose”.
“Ecco perché riunirò i leader mondiali al Summit a New York nel settembre 2019. Li invito a venire con piani concreti e realistici per migliorare le condizioni nazionali entro il 2020, in linea con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 45% nel prossimo decennio fino ad annullarle entro il 2050”.
Il vertice sarà composto “dai Governi, dal settore privato, dalla società civile, dagli amministratori locali e dalle organizzazioni internazionali per preparare le soluzioni alle seguenti tematiche: energia rinnovabile, riduzione delle emissioni, infrastrutture sostenibili, agricoltura sostenibile e gestione sostenibile delle foreste e degli oceani, resistenza agli effetti del cambiamento climatico e investimenti nell’economia verde”.
“Le analisi più recenti – segue il segretario Generale – dimostrano che se agiamo ora, possiamo limitare le emissioni di CO2 nei prossimi 12 anni e limitare l’aumento del riscaldamento globale a 1,5°. Ma se non cambiamo rotta, le conseguenze sono imprevedibili”.
“Ma quando vedo il vostro attivismo, ho più fiducia nel futuro – conclude Guterres – perché con il vostro aiuto e grazie al vostro sforzo possiamo e dobbiamo superare l’attuale minaccia e creare un mondo più pulito, sicuro ed ecologico per tutti”.
Intanto i giovani preparano lo sciopero per il prossimo venerdì…