Per chi suonano le campane. La rinascita di Mosul
Lo scorso 7 aprile alle ore 12:00, dopo quasi vent’anni, sono tornate a suonare le campane di Notre-Dame-de-l’Heure (Nostra Signora dell’Ora, in arabo Al-Saa’a), chiesa domenicana nel cuore della città vecchia di Mosul (Iraq), costruita alla fine del XIX secolo. Il grande orologio del suo campanile donato dall’imperatrice Eugenia, consorte di Napoleone III, è stato uno dei simboli della città.
Nel giugno 2014 Mosul era stata proclamata capitale del sedicente stato islamico di Daesh dell’Iran e del Levante da Abu Bakr Al-Baghdadi, nella moschea Al-Nouri. Parte del convento dedicato a Maria fu allora usato come prigione mentre la chiesa siro-cattolica Al-Tahira (l’Immacolata) trasformata in tribunale. Si stima che l’80% del centro storico della città, dove si erano rifugiati gli ultimi combattenti Daesh, sia stato distrutto durante i 9 mesi della battaglia di liberazione del 2017.
Il 7 aprile è stato un giorno nuovo per Mosul, il rintocco delle campane è stato un simbolo di rinascita e non solo per i cristiani. La loro eco ha fatto da sottofondo alla voce del muezzin della vicina moschea Omar-Al-Aswed.
Si vuole riportare la convivenza pacifica tra le religioni il “vero spirito” di Mosul, ha detto Audrey Azoulay, direttore generale dell’Unesco, che sta seguendo il progetto, denominato appunto Revive the Spirit of Mosul, della ricostruzione architettonica della parte storica.
Il processo di ricostruzione
Prima di iniziare i lavori per la ricostruzione si è dovuto sminare. Nelle pareti della moschea Al – Nouri sono state trovate 11 cariche esplosive. Poi è stato necessario sgomberare migliaia di tonnellate di macerie, tra le quali gli operai sono riusciti a recuperare 45mila mattoni del minareto ‘gobbo’ che portava resti di mosaici che saranno pazientemente ricomposti.
Le pietre originali delle 2 chiese citate sono numerate. Gli archeologi usano planimetrie, rilievi catastali costuditi negli archivi. Come per il minareto di Al-Hadba, risalente al XII, uno dei più antichi del Paese, del quale è rimasta solo la base. Iniziati nel 2018 tali luoghi saranno terminati e riconsegnati alla comunità nel 2024.
Oltre agli edifici religiosi, l’Unesco sta ricostruendo 124 case storiche, la maggior parte delle quali edificate nel XIX secolo.
Far rivivere lo spirito di Mosul. Il contributo italiano
Il progetto Revive The Spirit of Mosul, svolto in collaborazione con il governo iracheno, è supportato, fra gli altri dagli Emirati arabi e dell’Unione Europea. Gli sforzi di quest’ultima è rivolta alla ricostituzione delle scuole dell’intera comunità, incluse le persone rifugiate e sfollate. Con il contributo dell’Italia, UNESCO sta lavorando per la ricostruzione della biblioteca universitaria di Mosul e per l’istituzione di una cattedra UNESCO all’Università sulla lotta contro il terrorismo e l’estremismo.
L’Unesco ricostruisce la città rispettando la sua storia e le sue cicatrici: il passato si deve superare ma non dimenticare: volutamente rimangono visibili dei muri crivellati di proiettili.
Oltre a riedificare il tessuto architettonico urbano, il progetto, infatti, mira a rinvigorire il senso di comunità: la città di Mosul in arabo significa “punto di collegamento”: una delle città più antiche del mondo, che per millenni è stata crocevia e ponte tra nord e sud, est e ovest, diventando dimora di un gran numero di persone con origini, etnie e credenze religiose diverse: lo spirito di Mosul, per l’appunto.
Immagini: Mosul, Audrey Azoulay, direttore generale dell’Unesco © UNESCO/Abdullah Rachid e Luay mohmmad AL zrare