Re-immaginare i nostri futuri insieme. Un nuovo contratto sociale
Per me la pratica educativa di scelta progressista non smetterà mai di essere un’avventura che svela un’esperienza che fa scoprire la verità (da Pedagogia della Speranza di Paulo Freire)
In occasione della WHEC 2022, Unesco World Higher Edcuation Conference, che si è tenuta a Barcellona dal 18 al 20 maggio, proponiamo, come omaggio all’istruzione e alla formazione il dossier Re-immaginare i nostri futuri insieme dell’Unesco.
Il futuro del nostro pianeta va immaginato a livello locale e in uno spirito democratico. Solo attraverso azioni collettive e individuali derivate dalla nostra ricca diversità di popoli e culture possiamo raggiungere il futuro che desideriamo.
L’umanità ha un solo pianeta; tuttavia, non condividiamo le sue risorse in modo corretto né le utilizziamo in modo sostenibile. Esistono disuguaglianze inaccettabili tra le diverse regioni del mondo. Siamo lontani dal raggiungere la parità di genere tra donne e ragazze. Nonostante la promessa della tecnologia di connetterci, permangono ampi divari digitali, soprattutto in Africa, e prevalgono ampie asimmetrie di potere nella capacità delle persone di accedere e creare conoscenza.
L’istruzione è il modo principale per affrontare queste disuguaglianze radicate nella nostra società.
Così si apre il documento Unesco Re-immaginare i nostri futuri insieme”, per mano di Sahle-Work Zewde, Presidente della Commissione Internazionale sul Futuro dell’Educazione e Presidente della Repubblica Federale Democratica d’Etiopia.
Il documento Unesco partendo dalla diseguaglianza sull’accesso al digitale, la retrocessione della democrazia e l’incertezza lavorativa intende evidenziare la necessità/urgenza di un rinnovamento delle pratiche pedagogiche, in cui la condivisione e il dialogo sono le basi per il lavoro trasformativo dei docenti congiuntamente alla cooperazione internazionale.
Il fulcro del rapporto è la proposta di un nuovo contratto sociale per l’istruzione: gli accordi e principi impliciti che consentono e ispirano la coesione sociale attorno ad essa e che danno origine ai corrispondenti accordi formativi. Una fotografia approfondita sul futuro dell’istruzione in un’ottica di condivisione, partecipazione e dialogo a livello globale.
Pedagogia cooperativa e solidale
La pedagogia deve trasformarsi intorno ai principi della cooperazione e della solidarietà, sostituendo le vecchie modalità di esclusione e di competizione individualistica, per incoraggiare empatia e compassione e sviluppare le capacità degli individui a lavorare insieme per trasformare se stessi e il mondo.
L’apprendimento avviene attraverso relazioni tra insegnanti, studenti e conoscenze che vanno oltre i limiti delle norme e dei codici di comportamento in classe ed espande le relazioni degli studenti verso l’etica e la cura necessarie per assumersi la responsabilità del nostro mondo comune e condiviso. La pedagogia consiste nel creare incontri trasformativi, tra cosa ereditiamo e cosa si può costruire.
In primo luogo, per una pedagogia che sia individualmente e collettivamente trasformativa, sono necessarie interconnessione, interdipendenza e solidarietà. Gli insegnanti possono favorire le relazioni pedagogiche dentro e fuori la classe, le scuole e i sistemi. Le istituzioni educative devono trovare il modo di incorporare queste pratiche a un livello più istituzionale.
Alcuni approcci promettenti sono l’esperienza e il dialogo, l’azione significativa, la ricerca e la riflessione, la partecipazione ai movimenti sociali e alla vita in modo costruttiva, in un’ottica di comunità. Anche le scuole e i sistemi educativi devono abbattere i muri sociali e ascoltare le famiglie e le comunità ed espandersi in altri ambiti della vita per supportare nuove connessioni e relazioni pedagogiche al di fuori della classe.
In secondo luogo, la cooperazione e la collaborazione devono costituire la base della pedagogia come processo collettivo e relazionale. Gli insegnanti possono impegnarsi in una vasta gamma di strategie apprendimento, dal feedback tra pari, apprendimento basato su progetti, apprendimento orientato al problem-solving e all’indagine, laboratori per studenti, workshop, formazione tecnica e professionale. Così come la valorizzazione dell’espressione artistica e alle collaborazioni creative, tutto al fine di promuovere le capacità degli studenti di affrontare nuove sfide.
Scuole e sistemi educativi possono esplorare modi per facilitare una più ampia gamma di incontri tra fasce di età, interessi, settori sociali, lingue e fasi dell’apprendimento.
Terzo, la solidarietà, la compassione e l’empatia dovrebbero essere radicate nel nostro modo di apprendimento. Le pedagogie consentono agli studenti di comprendere una gamma più ampia di esperienze rispetto alle proprie. Possono partecipare anche genitori e famiglie, nello scambio e nella valorizzazione della diversità e del pluralismo con i propri figli, che è essenziale per disimparare pregiudizi e divisioni negli ambienti e nelle relazioni.
Scuole e insegnanti possono creare ambienti di valore empatia e abbracciare storie, lingue e culture diverse, comprese, in particolare, quelle delle comunità indigene e una vasta gamma di movimenti sociali.
Quarto, tutta la valutazione è pedagogica e quindi deve essere considerata attentamente, per sostenere le priorità pedagogiche in un senso più ampio per la crescita e apprendimento degli studenti. Insegnanti, scuole e sistemi educativi possono utilizzare le valutazioni per dare priorità all’identificazione e al trattamento di aree difficili, al fine di supportare al meglio l’apprendimento individuale e collettivo.
La valutazione non deve essere utilizzata punitivamente o per creare categorie di “vincitori” e “perdenti”. La politica educativa non dovrebbe essere indebitamente influenzata da classificazioni che danno eccessiva priorità a esami decontestualizzati e molto impegnativi che, a loro volta, hanno dimostrato di esercitare una pressione sproporzionata per influenzare ciò che accade nel tempo e nello spazio delle scuole.
In quarto luogo, i diritti umani e la partecipazione democratica devono essere alla base dei principi fondamentali dei piani di studio e l’apprendimento, come chiave per la trasformazione delle persone e del mondo. I diritti umani devono seguire a essere un valore sacro per tutte le persone e, punto di partenza collettivo che sostenta il nostro contratto sociale, devono trasformarsi nella base dei piani di studio che danno forma all’apprendimento.
Professione docente
Gli insegnanti hanno un ruolo unico da svolgere nella costruzione di un nuovo contratto sociale per l’educazione attraverso la loro professione. Sono coordinatori chiave, riunendo diversi elementi e ambienti, lavorando in modo collaborativo per aiutare ad accrescere le conoscenze e le abilità degli studenti.
Nessuna tecnologia è in grado di sostituire o ovviare alla necessità buoni maestri umani. Guardando al 2050, è essenziale smettere di trattare l’insegnamento come una pratica solitaria da cui dipende una persona per orchestrare un apprendimento efficace. L’insegnamento deve invece diventare una professione collaborativa in cui il lavoro di squadra garantisce un apprendimento significativo per gli studenti.
Altro elemento essenziale è l’autonomia professionale degli insegnanti che deve essere mantenuta e protetta. La professione di insegnante richiede una vasta gamma di competenze avanzate e di sviluppo professionale continuo. Nei prossimi decenni sarà necessario molto sostegno per rafforzarsi ed espandersi formazione iniziale di alta qualità degli insegnanti, soprattutto nell’Africa subsahariana, dove la domanda di istruzione continua a superare l’offerta di insegnanti qualificati a causa del boom della popolazione giovanile.
Proteggere e trasformare le scuole
Le scuole, con tutte le loro potenzialità e le loro promesse, le loro mancanze e i loro limiti, rappresentano uno degli ambienti educativi più essenziali nella società. Le scuole sono un pilastro centrale per gli ecosistemi educativi e la loro vitalità è espressione dell’impegno delle società con i figli e i giovani come attività pubblica.
A partire dal 2050 non possiamo più avere scuole organizzate secondo uno schema uniforme indipendentemente dal contesto. Invece degli attuali modelli architettonici e procedurali e organizzativi, abbiamo bisogno di uno sforzo enorme pubblico per ridisegnare i tempi ei luoghi di scuole in modi che le proteggano e le trasformino.
In secondo luogo, le architetture scolastiche, gli spazi, i tempi, gli orari e i gruppi di studenti devono essere reinventati e progettati per sviluppare le capacità delle persone di lavorare insieme. L’ambiente costruito e il design inclusivo hanno un valore pedagogico a pieno titolo e influenzano ciò che accade negli spazi di apprendimento condivisi.
Le culture collaborative dovrebbero guidare l’amministrazione e la gestione delle scuole così come le relazioni tra di loro, per favorire solide reti di apprendimento, riflessione e innovazione.
In terzo luogo, le tecnologie digitali devono mirare a supportare ciò che accade all’interno le scuole; nelle loro attuali e prevedibili iterazioni sono sostituti inadeguati delle istituzioni all’ apprendimento formale e fisico.
In quarto luogo, le scuole devono plasmare il futuro a cui aspiriamo garantendo i diritti e diventare esempi di sostenibilità, raggiungendo la carbon neutrality (bilanciamento tra emissioni di gas serra generate ed emissioni riassorbite ndr). Bisogna stimolare gli studenti a rendere più ecologico il settore dell’istruzione.
Dialogo, partecipazione, rinnovamento a livello mondiale
Per l’esperto in educazione comparata e storico dell’educazione, tra i redattori dello studio, Prof. Noah Sobe, è necessario “riparare le ingiustizie del passato mentre trasformiamo il mondo”, il che richiede, tra le altre sfide, di ridurre i tassi di assenteismo scolastico.
Il modo per raggiungerlo? “Le scuole devono diventare luoghi protetti che promuovono l’inclusione, l’equità e il benessere individuale e collettivo”, afferma questo rapporto, che presenta come assi fondamentali della pedagogia del XXI secolo “i principi di cooperazione, collaborazione e solidarietà”.
Evidenziamo che attualmente la scuola (e non solo quella italiana) soffre oltre che di dispersione esplicita, anche di dispersione implicita, vale a dire gli allievi frequentano la scuola ma non traggono dall’esperienza formativa una preparazione adeguata. Una volta finiti gli studi non avranno gli strumenti per affrontare il futuro con competenza e consapevolezza.
La tras-formazione è già in atto in diversi ambienti educativi in cui i valori e i principi evidenziati dal rapporto Unesco cominciano ad essere la priorità degli obiettivi formativi.
Si può scaricare il documento, versione integrale in inglese, francese, spagnolo.
Conferenza mondiale sull’eliminazione del lavoro infantile
Contemporaneamente alla conferenza dell’Unesco sull’istruzione superiore, dal 15 al 20 maggio, l’Associazione Education International e le relative organizzazioni hanno indetto la 5a Conferenza Mondiale sull’Eliminazione del Lavoro Infantile a Durban, in Sudafrica in cui si è evidenziata l’importanza dei docenti e dei sindacati per sradicare il lavoro infantile, così come la necessità di fornire ai docenti la formazione adeguata e garantire la gratuità, la disponibilità e l’accessibilità dell’istruzione a tutti.
Dennis Sinyolo, direttore dell’Ufficio di Education International per la regione africana (EIRAF), moderatore del dibattito ha evidenziato che “L’istruzione è l’arma più potente che abbiamo per sradicare il lavoro minorile”, parafrasando Nelson Mandela.
Sinyolo ha elencato cinque strategie chiave che insegnanti e sindacati possono seguire per portare i bambini a scuola: Ricerca e sperimentazione; Promozione e dialogo sociale; Sensibilizzazione, Mobilitazione comunitaria; Creare ambienti scolastici sicuri e inclusivi. Il direttore dell’EIRAF è stato anche categorico nell’affermare che i governi devono sostenere gli insegnanti attraverso la formazione, lo sviluppo professionale continuo, l’introduzione di salari dignitosi e condizioni di lavoro dignitose.
Il lavoro minorile è un fenomeno di dimensioni globali. Secondo le ultime stime dell’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sono ancora 152 milioni i bambini e adolescenti — 64 milioni sono bambine e 88 milioni sono bambini — vittime di lavoro minorile.
Metà di essi, 73 milioni, sono costretti in attività di lavoro pericolose che mettono a rischio la salute, la sicurezza e il loro sviluppo morale. Molti di loro vivono in contesti colpiti da guerre e da disastri naturali nei quali lottano per sopravvivere, rovistando nelle macerie o lavorando per strada. Altri vengono reclutati come bambini soldato per combattere nelle guerre volute dagli adulti. Il quadro globale del lavoro minorile è descritto nel rapporto Lavoro minorile dell’ILO e Unicef
Foto di copertina: da Internacional de la Educación