Cibo e libertà per una gastronomia locale
Cibo e libertà scritto da Carlo Petrini – e pubblicato nel 2013 – raggiunge per la prima volta tutti i paesi di lingua spagnola, edito da Diente de León, con il titolo Comida y libertad.
Petrini, com’è noto, è il fondatore di Slow Food il movimento culturale che dalla fine degli anni Ottanta si contrappose al Fast Food e alle malsane abitudini della vita frenetica.
Fautore di “una nuova gastronomia” che implica identità, cultura, responsabilità ambientale e impegno etico, come recitano i punti del suo Statuto, Slow Food difende i diritti dei popoli alla sovranità alimentare, il rispetto della cucina locale, la biodiversità e combatte la produzione degli OGM. Cibo è libertà con i precedenti Madre Terra, e Buono, pulito e giusto e forma la trilogia che racchiude il pensiero e le esperienze del movimento.
Carlo Bogliotti, coautore del libro e conduttore della presentazione digitale, lo scorso 16 dicembre, rivolta a tutto il mondo ispanico, come riporta l’agenzia spagnola efe, ha spiegato che il sottotitolo Gastronomia per la liberazione, raggruppa i casi e le esperienze che sono alla base dei principi del movimento.
Interventi da ogni dove ispanico, hanno contribuito al dibattito gastronomico-culturale. Da Quito, Esteban Tapia, professore di Gastronomia, membro del Consiglio Internazionale e promotore di Slow Food in Ecuador ha rilevato l’importanza del libro soprattutto per l’America Latina, dove “non esiste un sistema alimentare” e ha proseguito riflettendo “sulle molte lezioni” impartite dalla pandemia.
“È nelle nostre mani cambiare o no (…) Non possiamo dipendere dalle multinazionali, ma dalla piccola agricoltura contadina. Che non ha mai smesso di funzionare e ci ha dato del buon cibo per la nostra salute”, ha detto Tapia che ha raccontato come l’alta cucina dell’America latina “molto colpita” dall’assenza di turisti, per soddisfare i clienti locali abbia reso i suoi menù più semplici ed economici “ma ugualmente buoni e di valore”.
“Molte cose della gastronomia sono state ripensate; forse non abbiamo bisogno di alghe dal Giappone ma di patate della nostra terra per rilanciare le economie locali, conclude il professor Tapia, citando Petrini: “Un ecologista che non ama la gastronomia è triste e un gastronomo che non si occupa di ecologia è stolto”.