Africa fashion. Tradizione, vitalità e innovazione

 

È la prima volta dalla sua fondazione – 170 anni fa – che il Victoria and Albert Museum (V&A) di Londra allestisce una mostra dedicata alla moda africana, nonostante la sua permanente sia costituita di preziosi oggetti d’arte provenienti del grande Continente, come i tesori di Maqdala sottratti all’Etiopia nel 1868 durante la campagna militare britannica. E, nonostante, abbia – come la sua natura di museo delle arti applicate esige – una sezione specifica riservata alla storia del costume, alle sue evoluzioni, ai suoi grandi nomi, alcuni dei quali hanno tratto ispirazione dai colori e dalle fantasie dei suggestivi tessuti africani.

Ci voleva Christine Checinska, britannica, di origini africane, stilista, storica dell’arte inglese, e dal 2020, curatrice dell’African and African Diaspora Fashion presso il V&A, studiosa del colonialismo e del commercio internazionale. Inoltre, sembra sia stata proprio lei  a coniare l’espressione craftivism da craft (artigianato) + activism (attivismo), inteso come mezzo per l’emancipazione e l’acquisizione d’indipendenza personale e collettiva della persona socialmente più fragile.

Due anni di lavoro di Christine Checinska con gli stilisti e i designer africani mostrano ora (e fino al 16 aprile 2023), una lunga storia, parte integrante della cultura africana con 250 oggetti e fotografie, pubblicazioni, tessuti e materiale audiovisivo suddivisi su due piani: al primo quelli appartenenti alla seconda metà del Novecento e al piano superiore tutto ciò che riguarda la contemporaneità.

Complessivamente  questa esposizione londinese dal nome African Fashion ingloba 45 designer provenienti da oltre 20 paesi del continente.

Tra i documenti più importanti, la segnalazione della fotografia del primo ministro ghanese Kwame Nkrumah, mentre indossando il tradizionale kente dichiara l’indipendenza del Paese dal dominio britannico.

Era il 1957 ma il kente che ci rimanda subito al precocemente scomparso Virgil Abloh, nato negli Usa da genitori ghanesi il quale, da direttore creativo della Maison Louis Vuitton, rese omaggio al tradizionale tessuto nella sua ultima collezione maschile, stagione 2020 – 21.

Attraverso le varie fasi storiche scorrono i vestiti, le fotografie e i creatori di moda, compresa una selezione di capi provenienti dagli archivi personali di iconici designer africani della metà del XX secolo, tra cui: Shade Thomas-Fahm (storica stilista nigeriana), Chris Seydou, Kofi Ansah e Alphadi.

Seguono i creativi più influenti dei nostri giorni come Imane Ayissi, IAMISIGO, Moshions, Thebe Magugu e Sindiso Khumalo, dei quali tramite pubblicazioni, schizzi e filmati s’ illustra il modo di lavorare e, come ricalca Christine Checinska, il loro eclettismo e cosmopolitismo.

Impossibile mostrare tutte le mode di un continente così vasto – prosegue la curatrice d’arte – per questo African Fashion che presenta le mode africane come una forma d’arte, rilevando la ricchezza e la diversità delle storie e delle culture africane, celebrandone la vitalità e l’innovazione”.

Con la speranza che proprio dalla mostra provenga “la svolta” per tutto il settore moda del Continente verso il mercato internazionale.

 

Immagine: Londra 1) mostra ‘Africa Fashion’ presso il Victoria and Albert Museum. Creativo marocchino posa accanto alla sua installazione ‘Dialogo fra culture’.  AFP photos; 2) la curatrice della mostra, stilista e storica dell’arte britannica, Christine Checinska

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