Urbanistica sostenibile, ambiente società ed economia

A Dubai è sempre estate, spesso rovente, circondata dal deserto e dal mare è praticamente priva di acqua dolce, quella usata è l’acqua del mare desalinizzata.  Eppure è proprio in questa città degli Emirati arabi che sta sorgendo un quartiere, modello di città a impatto zero sull’ambiente.

Frutto del progetto dei giordani Faris Saeed e Wassim Addlouni , con il nome di Sustainable City – che non nasconde niente delle intenzioni dei fondatori di farne la città del futuro –   in opera dal 2014, si sviluppa su un’ area di 46 ettari,  le cui case sono gestite dall’ energia solare, dal sistema di accumulo delle risorse, l’acqua non utilizzata viene riciclata e i residenti percorrono le strade camminando o con le auto elettriche.  Ma questo quartiere modello – nucleo centrale di quella che sarà la città – è nato non solo come risposta dello sviluppo urbano a misura delle esigenze dei cambiamenti climatici, ma soprattutto per resistere e superare la grave impasse della crisi finanziaria mondiale che da quelle parti ha colpito duramente il settore immobiliare.  Il progetto Sustainable City è anche – e va sottolineato – un esempio virtuoso di come i nuovi criteri dell’economia sostenibile siano dei vettori economici e non dei deterrenti allo sviluppo e al progresso come invece sostengono i suoi detrattori.   La storia della costruzione di Sustainable City, che vi stiamo per raccontare, ne è la testimonianza vivente.

Faris Saeed, laurea in ingegneria civile conseguita presso l’Yamouk University in Giordania, nel 1995 si trasferisce a Dubai per fondare una società d’interior design. Nel 1999 con l’amico universitario, l’architetto Wassim Adlouni, crea la Diamond Developers che prospera durante il boom immobiliare dell’Emirato.  È tra le prime aziende che riesce ad affermarsi, realizzando, in modo tradizionale, numerosi progetti residenziali e commerciali, come le 6 torri a Dubai Marina, le oltre 150 case nello Jumeirah Village Circle e i 4 edifici commerciali ad Arjan.  Poi la crisi, l’aumento dei prezzi, molti costruttori non reggono il colpo e molti spariscono dallo scenario. Ed è a questo punto che Saeed e Adlouni intuiscono che è necessario cambiare approccio, “l’etica”, nonostante il successo ottenuto fino all’allora.

Iniziano a studiare la definizione di sostenibilità per assimilarla in ogni sua espressione, per arrivare alla visione globale del concetto; commissionano ricerche, incontrano esperti, girano il mondo per 4 anni, facendo esperienze, come vivere in una comunità sostenibile in California che si stava costruendo secondo un modello di sviluppo energetico a impatto zero. “Ogni comunità che abbiamo visitato – ha detto Saeed in un’intervista – si concentrava solo un aspetto: l’energia alternativa, lo smaltimento dei rifiuti o l’agricoltura, senza innovare la parte sociale e senza considerare la prospettiva economica”.  Saeed e Ahdlouni arrivano alla conclusione che un progetto realmente sostenibile gira su 3 cardini: ambiente, società ed economia.

Nasce su questi presupposti Sustainable City, ancora non ultimata ma già formata da 500 villette, 98 appartamenti oltre agli esercizi commerciali per un numero di residenti che rasenta le 3mila persone.

I lavori sono iniziati una volta vinta la sfida maggiore: creare un progetto che non fosse troppo costoso, perché “avrebbe vanificato lo scopo – precisa Saeed – le persone, sfortunatamente non premiano la sostenibilità”. Dunque il costo complessivo doveva essere equivalente a quello degli “affari come al solito”.  Il passo successivo è stata la ricerca di giovani ingegneri e architetti esperti in costruzioni sostenibili (sono ancora rari perché si tratta di un campo relativamente nuovo), da abbinare alla  venticinquennale esperienza di Saeed e Ahdlouni: una combinazione vincente.

I lavori sono stati suddivisi per capitoli: il cibo, l’acqua, l’energia, i rifiuti e la mobilità.

La complessa questione del rifornimento del cibo (a Dubai la maggior parte è importata) è stata risolta nel modo seguente: si coltiva il più possibile, frutta e verdura sono prodotte da 11 bio-serre a cupola, dove si coltivano un milione di vasi annui di 30 specie diverse: ogni famiglia ha diritto, gratis, a 8 vasi al mese. Poi ci sono gli alberi: di datteri (60 tonnellate l’anno), mango, fichi, melograni e moringa, pianta originaria dell’India sub continentale, famosa per la sua ricchezza di proteine, minerali, vitamine e amminoacidi.  La difficoltà delle coltivazioni causata dal clima di Dubai, è stata superata nel modo seguente: il raffreddamento delle serre si ottiene con ventilatori che soffiano su una cascata di acqua, generando un’evaporazione che abbassa la temperatura di 15 gradi. Ed ecco un altro capitolo importante, l’acqua, che, dicevamo a Dubai è, in gran parte, ricavata dalla desalinizzazione del mare. E come si fa per irrigare le coltivazioni? Con il riciclo, attraverso un impianto di depurazione che trae dalle piante gli agenti per rimuovere alcuni elementi chimici.

L’energia si ottiene dai grandi pannelli solari sistemati sulle abitazioni e sulle aree di parcheggio che coprono l’84% del fabbisogno della città: poi c’è l’energia prodotta dalle persone che amano stare in forma, dalle palestre, infatti, usando cyclette e altri macchinari per la ginnastica si produce energia che viene immessa nella rete.

Le abitazioni sono costruite con pannelli prefabbricati (che hanno ridotto i rifiuti di costruzione, incorporando materiali riciclati come le briciole di gomma) altamente isolanti, con le finestre e i cortili orientati verso nord-ovest per evitare il più a lungo possibile i raggi del sole e per godere della brezza serale. Nel lungo periodo estivo (da aprile a novembre) non si può evitare l’uso del climatizzatore, ma vengono usati i sistemi intelligenti che rinfrescano singole zone degli abitati, il resto è lasciato agli elettrodomestici di classe alta e alle lampade a led. Il costo della bolletta per ciascuno utente del quartiere sostenibile è un quarto rispetto agli altri residenti di Dubai.

I rifiuti sono riciclati, le auto a benzina bandite (si parcheggiano nelle aree apposite esterne al quartiere), all’interno della Sustainable City ci si muove a piedi o con le auto elettriche in car – sharing. La condivisione è una peculiarità della comunità del quartiere, promossa anche dalla scuola – la Fairgreen International School (aperta anche ai non residenti e dove s’insegna la filosofia della green city) – dalla fattoria cittadina, dai punti fitness distribuiti per le strade, dai parchi giochi, dal circolo equestre e dalla suddivisione degli introiti degli affitti commerciali destinati a coprire le spese dei servizi e della manutenzione.  Nel pieno rispetto dei 3 criteri fondamentali della sostenibilità: ambiente società ed economia.

 

 

Immagini: copertina e numero 2: da sinistra – Wassim Addlouni  e Faris Saeed; 

 

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