Scioglimento dei ghiacciai. Oggi come ieri

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Nel luglio 2016 il Sirberian Times ha riportato la notizia che nell’isola di Belyy, nel Mar di Kara, 2 geologi, Alexander Sokolov e Dorothee Ehrich ricercatori della stazione ecologica R&D dell’Istituto del Dipartimento degli Urali, hanno scoperto 15 aree tremolanti nel terreno erboso.  Per studiarle le hanno perforate ed è fuoriuscita una concentrazione di metano e anidride carbonica, in quantità di gran lunga superiore alla norma.  Sokolov ed Ehirch hanno descritto le aree mobili come “zolle di circa un metro di diametro che appaiono come “una gelatina che rendono i prati siberiani come “ un tappeto elastico o un materasso ad acqua” che nascondono le bolle sotterranee.

Le cause delle zolle non sono accertate, ma i due geologi azzardano l’ipotesi che la loro formazione sia dovuta al caldo insolitamente elevato e all’innalzamento delle temperature che sta scongelando il permafrost, il terreno ghiacciato artico, liberando il gas che vi è intrappolato e che sale verso la superficie.
Il fenomeno è stato rilevato a circa 800 chilometri di distanza dal Circolo Palare Artico e Sokolov ha sostenuto che in “20 anni di lavoro” non si era mai imbattuto con un fenomeno simile.

cratere-siberianoLe zolle si vanno ad assommare a ulteriori strani fenomeni che, sempre nell’area siberiana, si sono registrati dal 2013. Sulle penisole Yamal e Taimyr, sulla superficie del permafrost, la calotta glaciale, si sono formati dei crateri che potrebbero essere il risultato di esplosioni di metano.
Uno studio asserisce che entro il 2100, quando il permafrost si sarà completamente sciolto e l’Artico sarà interamente navigabile – Reading University – si libereranno nell’aria più di 200 miliardi di tonnellate di CO2.

La deglaciazione di 140mila anni fa

Ma lo scioglimento dei ghiacci non è un fenomeno contemporaneo.

Lo conferma lo studio dell’Ismar-Cnr (Istituto di scienze marine) di Bologna, pubblicato su Nature Comunications, che sostiene che 14mila anni fa il permafrost si è sciolto, sprigionando nell’atmosfera i gas serra che hanno aumentato la temperatura media globale.
I risultati della ricerca si sono ottenuti dalle analisi degli archivi paleo climatici nell’Artico, che ha permesso di analizzare per la prima volta il processo della “destabilizzazione termica” dei suoli ghiacciati.

permafrostTommaso Tesi, a capo dello studio, riferisce che lo scioglimento del permafrost durante l’ultima deglaciazione, risalente dai 14 ai 7 mila anni fa, produsse una concentrazione di metano e di anidrite carbonica che passò da 190 a 270 ppm (parti per milioni) e la temperatura media globale aumentò di circa 4°.

Un fenomeno che potrebbe ripetersi. È noto da tempo, ricorda Tesi, che oltre un terzo del carbonio della Terra si trova nell’Artico, contenuto in stato congelato nel permafrost e che negli ultimi 30 anni i suoli ghiacciati a causa del progressivo riscaldamento sono a rischio di destabilizzazione termica “.

Lo studio, quindi, dimostra che esiste una corrispondenza tra lo scioglimento del permafrost in Artico e l’aumento dei gas serra nell’atmosfera.  Approfondire il fenomeno presente confrontandolo con l’esperienza del passato, potrebbe offrire un’indicazione sul riscaldamento globale e verificare i punti di forza e quelli critici dei “modelli sviluppati” e prevedere possibili scenari nel futuro anche prossimo.

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