Intelligenza Artificiale. Pre-giudizi di genere
Secondo i dati del World Economic Forum solo il 22% dei professionisti dell’Intelligenza artificiale a livello globale sono donne. Le aziende che assumono esperti in questo campo e nella Scienza dei Dati stimano che meno dell’1% delle domande che ricevono provenga da donne.
Le donne e le ragazze hanno 4 volte meno probabilità di sapere come programmare il computer e 13 volte meno di depositare brevetti tecnologici. È anche meno probabile che occupino posizioni di leadership nelle aziende tecnologiche.
Nel 2021, l’Unesco ha promosso il programma To Be Smart, the Digital Revolution will need to be inclusive, con l’obiettivo anche di far luce sull’importanza che la rivoluzione digitale coinvolga tutti e tutte. Il documento è stato redatto da Alessandro Bello, Tonya Blowers, Susan Schneegans e Tiffany Straza.
La scarsità di donne in questo settore procura inoltre un “difetto” di base dell’Intelligenza Artificiale; essendo per la maggior parte programmata e sviluppata da uomini (ricordiamo che l’intelligenza artificiale si basa sull’apprendimento automatico di dati, prodotti o rilevati da essere umani) potrebbe contenere dei pregiudizi di “comportamento”. Si sta generando quello che tecnicamente viene descritto come ” il problema del pregiudizio algoritmico contro le donne”.
Questo divario è visibile in tutti i primi 20 paesi con la più alta concentrazione dei dipendenti di AI ed è particolarmente evidente in Argentina, Brasile, Germania, Messico e Polonia, dove meno del 18% delle donne professioniste ha competenze di intelligenza artificiale.
Società di ricerca leader, come Gartner aveva previsto che nel 2022, l’85% dei progetti di Intelligenza Artificiale avrebbero prodotto risultati errati a causa di errori nei dati, negli algoritmi o nei team responsabili della loro gestione.
Huawei – multinazionale cinese specializzata in apparecchiature di telecomunicazione ed elettronica, compresi smartphone e tecnologia 5G – ha lanciato una serie di iniziative volte ad accrescere la diversità della forza lavoro (con rispetto a nazionalità, sesso, età, razza e religione) sottolineando la parità di genere nell’occupazione e contrastando ogni pregiudizio di genere.
Lo studio dell’Unesco evidenzia come per le donne sia più difficile trovare l’appoggio tramite attività di venture capital, per start-up basate sulla tecnologia. Società fondate da donne ricevono solo il 2,3% del capitale di rischio, secondo il rapporto Women in Tech 2020 di TrustRadius,
che ha intervistato 700 aziende tecnologiche in tutto il mondo.
Pregiudizi che si riscontrano anche in alcune rappresentazioni socio-digitali. Il rapporto dell’UNESCO Id Blush if I Could (Arrossirei se potessi), mostra gli assistenti vocali basati sull’intelligenza artificiale come Alexa e Siri perpetuano gli stereotipi dannosi delle donne come sottomesse. Come non ricordare il bellissimo quanto inquietante film Her (Lei) in cui il protagonista si innamora di un’assistente vocale. Perché le voci maschili sono così poco presenti nell’assistenza digitale?
Meredith Broussard, sviluppatrice di software e professore associato di Data Journalism alla New York University, ha chiesto maggiore responsabilità nello spazio digitale e un’azione dei governi per garantire che la tecnologia sia conforme alla legge sui diritti umani.
Adriana Bora, ricercatrice di Etica dell’Intelligenza Artificiale, afferma che “il pregiudizio non è presente solo nei dati ma nell’intero processo dalla progettazione, allo sviluppo alla valutazione” proprio per la scarsa presenza femminile .
Wanda Munoz, esperta di disarmo umanitario, dichiara come sussista il pericolo che i sistemi di intelligenza artificiale, nel campo delle armi, possano essere rappresentati da armi autonome come i robot killer. Funzionando su algoritmi distorti, queste tecnologie rappresentano un grande pericolo per le minoranze e le donne soprattutto nel sud del mondo.
Una distorsione, un pregiudizio dell’algoritmo, dietro cui si cela la programmazione, per la maggior parte, realizzata da uomini. Pre-giudizi soprattutto culturali, come abbanews ebbe modo di parlare con la scienziata, esperta in Scienze Informatiche, la prof.ssa Tiziana Catarci.
Ben venga la tras-formazione digitale ma che sia inclusiva e sostenibile. Un mondo artificiale che riflette gli stereotipi di quello analogico? Anche no.