Essere Barazzutti. L’empatia al servizio degli atleti
Il tennis, attualmente, è uno degli sport più praticati in Italia. Secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio sullo sport system italiano curato da Banca Ifis, in Italia è praticato da 3,1 milioni di persone.
Uno sport che “allena” disciplina, regole, strategie, tattiche, capacità di orientamento spazio- temporale, agilità, ritmo e concentrazione.
Un autentico gioco degli scacchi, così lo definisce Corrado Barazzutti, capitano della Fed Cup (mondiale di tennis femminile), con cui si è aggiudicato quattro titoli mondiali (2006, 2009, 2010 e 2013).
abbanews ha avuto il privilegio di incontrare questo autentico mito dello sport, tennista numero 7 del mondo e componente della squadra più forte di Coppa Davis di sempre, vincendo il trofeo nel 1976. Il tennis al centro della sua carriera professionale sia come giocatore che come tecnico e allenatore.
Torniamo dunque alla scacchiera. Perché un gioco di scacchi? Perché il tennis, ci spiega Corrado Barazzutti con la trasparente profondità che lo caratterizza, è uno sport di strategia, di tattica, di osservazione dell’altro, per mettere in atto le mosse adeguate, senza mai venire meno al rispetto reciproco.
Il tennis è entrato nella sua vita per caso, in modo inaspettato, per poi non abbandonarlo mai più. Cresce ad Alessandria, una tranquilla cittadina piemontese, a dimensione d’uomo, dove muoversi liberamente per le vie non era un’eccezione, ma la regola, fin dall’infanzia. “Da bambino facevo i giochi usuali dei miei tempi, cerbottana, calcio, nascondino; in particolare giocavamo nel cortile del nostro condominio”.
E fu proprio in quel cortile che fece il suo primo incontro con racchetta e pallina; un conoscente inizia a spiegare il gioco ai ragazzini, che. ignari del suo valore, lo accolgono come un “gioco” in più. Il piccolo Corrado e un suo altro amico, risultano particolarmente predisposti per questa disciplina sportiva. Un’attitudine. Un’inclinazione naturale. Alcuni membri del Tennis club Alessandria lo notano e, dopo avere parlato con i loro genitori, iniziano a praticare il tennis in modo sistematico.
La storia ha poi fatto il suo corso: numero 7 del mondo, componente della squadra più forte di Coppa Davis di sempre, vincendo il trofeo nel 1976. Semifinalista agli Us Open 1977 In Davis , ha giocato 61 match vincendone 39 su 60 in singolare, e 2 su 2 in doppio. Da giovanissimo vince il titolo under 16 nel 1968 e il titolo under 18 due volte nel 1970 e nel nel 1971, solo per citare alcuni dei suoi innumerevoli traguardi.
Un condensato di una carriera esemplare che continua in campo tecnico, come capitano della Coppa Davis dal 2001 e capitano della squadra nazionale FED Cup, dal 2002 al 2016. In questo periodo, la squadra femminile conquista quattro titoli mondiali: il primo nel 2006, gli altri tre nel 2009, 2010 e 2013.
Anche i meno avvezzi alle prodezze sportive sul campo hanno ben in mente le vittorie della tennista Francesca Schiavone, vincitrice del Roland Garros 2010, prima tennista italiana a vincere un torneo del Grande Slam (vittoria, nello stesso anno, dei quattro tornei di tennis più importanti al mondo) nel singolare. Un momento glorioso del tennis italiano, come lo fu la vittoria dell’US Open 2015 della tennista Flavia Pennetta.
Nel parlare dei risultati delle “sue” tenniste, trapela soddisfazione, orgoglio e stima per le atlete: “Questi risultati mi hanno dimostrato che il mio metodo era quello giusto” dichiara. Quale metodo, chiediamo? “L’empatia”.
Non ha dubbi l’allenatore Barazzutti, che l’unico modo per dare la possibilità ad un/una atleta di esprimere al meglio le proprie potenzialità e capacità, sia quello di entrare in empatia, osservare, capire quali sono i bisogni, le aspettative, le capacità, le peculiarità della persona che si ha davanti.
Il suo ruolo non è quello imporre le sue regole, ma quello di condividere strategie, tecniche, sulla base della personalità e delle capacità psico-fisiche della persona che si allena. Il compito di un coach in senso lato è quello di facilitare, di favorire lo sviluppo massimo delle potenzialità dell’atleta, attraverso l’ascolto e l’osservazione. Così come quello di gestire la squadra nella sua interezza, attenuando eventuali conflitti e potenziando lo spirito di squadra.
L’allenatore può indicare un percorso, rafforza la resilienza di fronte alle sconfitte, così come il controllo, la gestione dell’euforia in caso di vittoria. Il giocatore, la giocatrice sono al centro del suo impegno, la reciprocità di intesa è il filo rosso che lega il rapporto coach-atleta, coach-squadra, atleti tra loro.
Ci sono differenze nell’allenare una donna o un uomo? In cuore nostro forse siamo consapevoli della banalità della domanda, ma non siamo riusciti a trattenerla ed il quesito emerge in tutta la sua insipidezza. Sorride il Nostro, e rammenta che la stessa domanda gli fu rivolta durante una conferenza stampa. Sinceramente non comprende la natura dell’interrogativo.
Quando allena un atleta o un’atleta, non pensa al genere, non ha importanza se sia maschio o femmina, è la sostanza umana l’elemento rilevante: le sue capacità fisiche, psichiche, comportamentali che vanno aldilà del genere.
Per questo motivo è carente di senso porre in evidenza tale differenziazione, così come è carente di senso paragonare il tennis femminile a quello maschile. “C’è chi dice che il tennis maschile è più veloce, alla luce di una maggiore forza fisica, ma l’elemento distintivo di una giocatrice o di un giocatore è la sua performance, la capacità di donare un autentico spettacolo, è questa capacità non dipende certo dal sesso biologico”.
Empatia, personalizzazione delle strategie, essere Barazzutti sul campo e fuori dal campo, significa giocare a scacchi con l’avversario, esprimendo al massimo le proprie capacità, attraverso un allenamento fisico e psichico, senza mai perdere di vista, la gestione delle proprie emozioni, dei compagni/compagne di squadra e quelle dell’avversario. Significa crescere anche come persona.
Sul sito della scuola di tennis creata da Barazzutti, leggiamo: “Negli anni ho scritto un manuale di allenamento della forza mentale. Esercizi, metodi e dinamiche per modificare – migliorare – la capacità della gestione del proprio stato emotivo. Tutto questo per arrivare al massimo della performance [… ]. In questi anni non mi sono mai fermato e non ho mai smesso di studiare, cercando sempre il confronto con amici – maestri, alla ricerca del miglior metodo d’insegnamento; il ‘quando iniziare’; il tipo di comunicazione da adottare e quali esercizi utilizzare….”.