Mimmo Lucano. La sentenza d’appello è la fine di un incubo
La Corte d’appello di Reggio Calabria, dopo sette ore di camera di consiglio, cambia la sentenza che condannava Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace, per associazione a delinquere nella gestione dei fondi dei migranti (dopo l’inchiesta Xenia) e decide la condanna a un anno e sei mesi con pena sospesa.
La sentenza di primo grado del Tribunale di Locri nel 2021 aveva sentenziato una condanna a 13 anni e 2 mesi di carcere per associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio.
I giudici di Reggio Calabria, presieduti da Elisabetta Palumbo, hanno assolto Lucano dai reati più gravi e assolvendo tutti gli altri 17 imputati.
I due avvocati dell’ex sindaco di Riace, Giuliano Pisapia e Andrea Daqua, avevano motivato il ricorso all’appello per la “lettura forzata se non surreale dei fati”, definendo la ricostruzione dei fatti un “accanimento non terapeutico», sottolineando come ci sia stato “uno stravolgimento dei fatti” è «un uso distorto delle intercettazioni per condannare a ogni costo” Mimmo Lucano e il suo modello Riace, famoso nel mondo.
Con modello Riace s’indicano tutta una serie di iniziative e opportunità che Lucano aveva messo in piedi per risolvere 2 problemi: l’accoglienza e l’integrazione dei migranti e lo spopolamento di Riace.
Un modello riuscito, è per questo la sua fama aveva superato i confini nazionali, che è stato smantellato non solo a livello giudiziario ma anche, forse soprattutto, politico.
Così ha commentato Lucano la sentenza d’appello: “È la fine di un incubo che in questi anni mi ha abbattuto, umiliato, offeso”. Ingiustamente.