Mc Donald’s e Roma città d’arte

mcdonalds_al-vaticanoCi risiamo. Sulle coste del Bel Paese un ennesimo sbarco. Si tratta del colosso americano McDonald’s che, oltre ad invadere a breve le sale cinematografiche, approda a Roma, in un edificio di via del Mascherino di proprietà dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica). Siamo a Borgo Pio a due passi dal colonnato più famoso del mondo.

La presenza del Vaticano e dell’ Unesco ne sancisce la protezione. Per la salvaguardia della tradizione locale, l’Unesco vieta il trasferimento di una licenza da un locale di cucina tipica locale ( il Ristocchio in questo caso) a uno di cucina straniera. E sappiamo bene che la catena di fast food lungi dal proporre pietanze dal vago sapore nostrano, esponendo menù dagli standard comuni, comprensibili da tutti, da gustare ormai ovunque.

Dunque, uno dei luoghi più cosmopoliti del pianeta rischia di perdere la propria identità. McDonald’s si, McDonald’s no.

IO DICO NO ALL’APERTURA# in quanto contribuirebbe a cambiare il volto ad un intero rione che va salvaguardato dalle brutture strutturali di una modernità incalzante, capace solo di rispondere alle leggi di mercato.

La paninoteca americana ha acquistato la licenza da una trattoria tipica romana. E questo già sarebbe discutibile perchè contro il regolamento dell’Unesco. Come a Firenze ogni ammenda farebbe richiamo al dovere di tutela del patrimonio storico, artistico e religioso del centro storico delle città nostrane.

Non sono auspicabili, dunque, patti lateranensi a mietere la nuova discordia. Campanilismo gastronomico a suon di campane! Ebbene, sugli antichi san pietrini capitolini devono essere bandite tutte quelle attività  assimilabili al fast food e self service che svaluterebbero il vivere e con-vivere civile.

La cucina tipica italiana, punta di diamante del nostro patrimonio culturale e spirituale, deve continuare a rendere la ricettività un’eccellenza del Buon Paese. Inoltre, la presenza del colosso americano in questa zona delicata di Roma, finirebbe per incrementare i rischi attentati, a cui il rione già è ampiamente esposto.

Quest’ultima la critica espressa da Asor Rosa, illustre storico, sulle pagine del quotidiano La Repubblica.  Eppure, il Vaticano avrebbe concesso l’affitto dell’immobile senza tener conto delle minacce terroristiche, tuttavia prendendo in considerazione la possibilità di non depauperare le proprie casse.

IO DICO SI’ ALL’APERTURA# forse perchè dovremmo liberarci delle paure di antichi mostri. Sono passati circa trent’anni da quando sorsero i primi movimenti locali anti fast food per contrastare l’apertura del primo MC a Piazza di Spagna. Ma è davvero una grave minaccia?

D’accordo esiste un divieto di passare una licenza da un locale tradizionale, il Ristocchio,  ad uno a carattere evidentemente sovranazionale, il McDonald’s. Eppure nella città eterna, dove talune questioni sembrano senza tempo, i punti vendita del fast food non mancano. Neanche in centro; neanche in altre aree dove la storia, comunque, fa capolino.  Perchè allora cotanta indignazione?

Probabilmente si tratta dell’area con maggior affluenza di turisti e pellegrini che possono rimanere disgustati nel ritrovarsi dinnanzi ad una scelta di campo. La catena americana o ristoranti di qualità? Ed è innegabile che il pellegrino possa usufruire ovunque di trattorie dove la coda alla vaccinara o la coratella con i carciofi la fanno da padrona.

Inoltre, a Roma di bar fast, ristoranti per turisti e pizzerie a taglio ce ne sono in abbondanza e non sempre sono di qualità, ossia rispettosi di standard e target ben precisi che invece la catena americana deve rispettare. Infine, quante volte noi turisti, trovandoci sul suolo straniero, abbiamo cercato la fantomatica catena americana per mangiare velocemente e a buon mercato? Perché negarlo ai nostri ospiti?

Il mc non riesce ad approdare proprio nel paese dei facili sbarchi, dove è innegabile che esistano strutture ricettive di indubbio sapore nostrano. Quante volte percorrendo i vicoli e vicoletti dietro l’insegna dell’antica trattoria romana abbiamo scorto volti che di mediterraneo avevano poco?

Innumerevoli le occasioni in cui ci si è imbattuti in proposte di menù a poco prezzo che per essere tanto conocorrenziali, immaginiamo, abbiano abbattuto costi a scapito della qualità dei prodotti o del rapporto regolare con i dipendenti.

Una miriade di escamotage che finiscono per arrecare un danno indelebile al patrimonio gastronomico e culturale del paese. In fondo, l’unica ricetta possibile per sanare l’artigianato del cibo resta quella che sagacemente mescola trasparenza, tracciabilità, igiene sanitaria e morale.

C’è infine il risvolto politico  che spoglia la diatriba del senso originario. Proprio in questi giorni è stato approvato il decreto Madia e lo “Sciabis” **che permette ai sindaci delle città d’arte di comprimere l’avanzata delle attività commerciali. Ai sindaci allora l’ardua sentenza.

Nota legislativa

**”Per le finalità indicate dall’articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,  il Comune, d’intesa con la regione, sentito il soprintendente, può adottare deliberazioni volte a individuare zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione l’esercizio di una o più attività di cui al presente decreto, individuate con riferimento al tipo o alla categoria merceologica, in quanto non compatibile con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale”.

 

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Una risposta

  1. Paola ha detto:

    A me personalmente il Mc Donalds non piace, però per principio sono contraria ai divieti. Lasciamo libero chi vuole mangiare in tutto il mondo uguale di farlo !

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