Il doppio anniversario della Giornata mondiale della salute 2018
Il 7 aprile è la Giornata mondiale della sanità. Una ricorrenza particolarmente significativa questa edizione del 2018 sia per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sia, a dicembre, per l’Italia: per entrambe, infatti, è un anniversario. L’OMS è l’Agenzia per le Nazioni Unite per la salute, istituita nel 1946 ma entrata in vigore il 7 aprile 1948 con l’obiettivo di “raggiungere da parte di tutte le popolazioni il più alto livello possibile di salute”, dove per salute non intende solamente “assenza di malattie o infermità” ma “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale”. Fanno parte dell’OMS 194 Stati divisi in 6 regioni: (Europa, Americhe, Africa, Mediterraneo Orientale, Pacifico Occidentale e Sud-Est Asiatico).
Per l’Italia, invece, ricorrono i 40 anni dall’istituzione del Servizio sanitario nazionale (Ssn), con la legge 833 del 23 dicembre 1978 che ha sancito l’accesso alle cure per tutti.
Conforme ai 2 anniversari, il tema scelto per la Giornata della Salute 2018: Copertura sanitaria universale: per tutti e dovunque. Un tema che oltre a ribadire un legittimo diritto, ci spinge a introdurre la seguente domanda: Qual è lo stato dell’arte nel mondo e in Italia dell’acquisizione di tale diritto?
Nel mondo
Dall’OMS e dalla Banca Mondiale apprendiamo che metà della popolazione mondiale (che ammonta a circa 7,5 miliardi di persone) non può accedere ai servizi sanitari primari ed essenziali; oltre 800 milioni di persone spendono almeno il 10% del loro patrimonio familiare per curarsi, trovandosi a dover scegliere tra la salute e altri beni essenziali come il cibo o la scuola; 100 milioni di persone ogni anno finiscono in condizioni di povertà (reddito di 1,90 dollari al giorno) a causa delle spese sanitarie. Rifacendoci alle ultime indagini (riferite al 2017) sono 20 i milioni di bambini che non hanno ricevuto le vaccinazioni di base (poliomelite, varicella, morbillo, pertosse, parotite).
Jim Yong Kim, presidente del Gruppo della Banca Mondiale (nella foto a lato), ha chiarito che la copertura sanitaria universale così come l’eliminazione della povertà non richiedono successivi sforzi finanziari ma un cambiamento di sistema. “Abbiamo bisogno di un cambiamento fondamentale nel modo in cui mobilitiamo le risorse per la salute e il capitale umano, specialmente a livello nazionale – ha detto Yong Kim, per concludere – stiamo lavorando su più fronti per aiutare i Paesi a spendere più efficacemente sulle persone, in modo da incrementare i progressi e giungere alla copertura sanitaria universale”.
Non mancano, comunque, le buone notizie. Nonostante le ampie lacune nella disponibilità di servizi nell’Africa sub sahariana e nell’Asia meridionale, il Rapporto ci mostra come nel XXI secolo è aumentato il numero delle persone che hanno ottenuto servizi sanitari essenziali come l’immunizzazione e la pianificazione familiare, il trattamento antiretrovirale per HIV, la diffusione di zanzariere trattate con insetticida per prevenire la malaria e la riduzione del numero di persone in condizioni di povertà estrema rispetto all’inizio del secolo scorso.
In Italia. I 40 anni del sistema sanitario nazionale
Il Sistema Nazionale Sanitario (Ssn) italiano è stato considerato tra i migliori del mondo. Sicuramente lo è stato, ma negli ultimi anni, a causa dei tagli alla spesa pubblica (dalla crisi mondiale del 2008 in poi), dei depauperamenti causati da sprechi e corruzione, ma anche per le conseguenze della modifica del Titolo V della Costituzione (maggiore autonomia alle Regioni, 2001) e le costanti ingerenze della politica dei partiti, hanno mutato il sistema. Le strutture pubbliche, per quanto racchiudano in se professionalità e reparti di eccellenza, sono nel loro complesso in affanno e il sistema sanitario non è in grado di offrire le prestazioni definite dai Livelli essenziali di assistenza (Lea).
La legge e il sistema
La legge 883 del dicembre 1978 sancisce la gratuità dell’assistenza sanitaria a tutti i cittadini, a prescindere dal reddito personale e dal luogo in cui risiedono. Come apprendiamo dal 2° Rapporto GIMBE (giugno 2017) il sistema si basa su 3 livelli : il governo centrale, 20 governi regionali e le Aziende sanitarie locali (Asl) con gli ospedali indipendenti (Ihs). La sostenibilità del sistema è garantito da 2 macrocategorie: spesa pubblica (collettiva integrativa) e spesa privata che include la spesa intermediata, da Fondi sanitari integrativi (Fsi) o da polizze assicurative, oltre alla spesa direttamente sostenuta dai cittadini.
I cambiamenti
Ma le difficoltà degli ultimi anni, cui abbiamo accennato, hanno messo in crisi il sistema sanitario al punto che nel 2012 l’allora Presidente del Consiglio, Mario Monti (nella foto a lato) ha pubblicamente dichiarato che la “sostenibilità futura del Ssn potrebbe non essere garantita”. Una realtà che, effettivamente, si va tratteggiando anno dopo anno: valga da esempio la dichiarazione della Corte dei Conti del 2015 che ha certificato, nella composizione della spesa sanitaria complessiva, il 23,7% di esborso privato e ben l’87% quella pagata direttamente dai cittadini. Cresce, quindi, l’interdipendenza tra pubblico e privato: inevitabile con l’introduzione dell’obbligo del ticket sanitario per le prestazioni che ha determinato un proliferare di strutture private accreditate presso le quali, con la stessa spesa, si ottengono visite ed esami in tempo reale, eliminando così le famigerate quanto reali, liste di attesa che gravano sulle fasce socio-economiche della popolazione più deboli, esenti dal ticket ma non dalla cattiva gestione della sanità. Una interdipendenza, infine, che inficia il principio fondamentale delle legge: l’ universalità dell’accesso alla sanità pubblica, nonostante la storicità italiana del percorso, iniziato alla fine dell’800 col Governo Crispi.
Eppure anche per la situazione italiana, specularmente a quella mondiale, secondo il Rapporto GIMBE, il problema della sostenibilità del Sistema sanitario “non è di natura squisitamente finanziaria, perché un’aumentata disponibilità di risorse non permetterebbe comunque di risolvere le 5 criticità ampiamente documentate nei paesi industrializzati: l’estrema variabilità nell’utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie; gli effetti avversi dell’eccesso di medicalizzazione; le diseguaglianze conseguenti al sotto-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie dall’elevato value; l’incapacità di attuare efficaci strategie di prevenzione; gli sprechi, che si annidano a tutti i livelli. In tal senso – conclude il GIMBE – il dibattito sulla sostenibilità del Ssn continua a essere affrontato in maniera distorta dalle varie categorie di stakeholder che, guardando a un orizzonte a breve termine, rimangono arenati su come reperire le risorse per mantenere lo status quo, allontanando la discussione dalle modalità con cui riorganizzare il sistema sanitario per garantirne la sopravvivenza”.