Adozioni inter-nazionali per un diritto egualitario
Un importante passo è stato compiuto dal Csm (Consiglio Superiore della Magistratura) che ha dato il via libero alla messa fuori ruolo del magistrato Laura Laera affinché possa occupare la carica di vicepresidente della Cai (Commissione per le adozioni internazionali).
Il nome di Laura Laera è legato a una recente sentenza per il progresso giuridico del nostro paese, ovvero, la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze in merito al riconoscimento dell’adozione di due gemelli da parte di una coppia omosessuale residente a Londra. La nomina dunque fa sperare in una direzione di apertura verso la spinosa questione delle adozioni da parte delle coppie omossessuali.
L’adozione omoparentale congiunta e la stepchild adoption (quando un membro di una coppia può adottare i figli biologici del partner o altri minori) è accettata nella maggior parte dei paesi in cui il matrimonio omosessuale è legale, seppur con tempi diversi.
In Portogallo, per esempio, dove il matrimonio omosessuale è stato legalizzato nel 2010, l’adozione da parte di coppie omosessuali è diventata legge a febbraio 2016, così come nella conservatrice Malta, dove l’aborto è illegale e il divorzio si è legalizzato nel 2012, nel 2014 ha legalizzato le unioni civili dello stesso sesso e le adozioni per le coppie omosessuali.
In Italia, l’adozione sia nella forma “ordinaria” che “eccezionale”, ossia in caso di adozioni omoparentali è un percorso accidentato. Proprio per questo è stata salutata con estremo ottimismo la sentenza del Tribunale di Firenze che a marzo scorso, ha accolto la richiesta di riconoscimento dell’adozione di due bambini, tra loro fratelli, pronunciata da parte di una Corte britannica a favore di una coppia di uomini .
La richiesta da parte della coppia è stata quella di registrare all’anagrafe italiana i figli avuti con la maternità assistita che vive a Londra ed ha adottato due gemelli.
Una rondinella piccina piccina, ci ha raccontato l’avv. Susanna Lollini (nella foto a sinistra), legale della coppia, ma che fa riferimento all’art. 36 della legge sull’adozione, riconoscendo pertanto il diritto genitoriale pieno. si è aperta una breccia nel muro di gomma delle adozioni omogenitoriali.
“La disposizione normativa – si legge in una nota della sentenza – prevede che l’adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero ad istanza di cittadini italiani che dimostrino di avere soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia purché «conforme ai principi della Convezione dell’Aja 29 maggio 1993″.
L’avv. Lollini ci sottolinea tuttavia che sono i tribunali che ci dicono che il vento è cambiato. Sono i giudici di merito che valutano la “legalità/ammissibilità” dell’adozione. “Qualora avessimo una fattispecie analoga, con una coppia di italiani, sposati da più di tre anni, si potrebbe considerare la sentenza come prassi” ci spiega l’avv. Lollini. Consideriamo che per le coppie italiane che vogliono adottare all’estero (sia etero che omo), c’è il limite dei tre anni.
In paesi come il Regno Unito il cui sistema legislativo è basato sulla common law (parliamo di leggi non scritte), anche una sentenza della Corte di Cassazione può essere disattesa. Nell’esprimere un principio di diritto, di legge, non c’è nessuna contrarietà. I tribunali di merito possono disattendere anche le sentenza della Corte di Cassazione.
L’esigenza socio-giuridico di una regolarizzazione in questo campo è sempre più forte. Ricordiamo come a fine gennaio 2017 il Primo Presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, nell’ambito del discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario dichiarò il bisogno di una legge che regolamenti le adozioni per le coppie omosessuali, rammentando come la Corte di Cassazione, in assenza di una normativa specifica, ha potuto accogliere una richiesta di stepchild adoption, ovvero l’adozione di un bimbo da parte del convivente del partner omosessuale.
Il dibattito socio-giuridico sulle adozioni da parte di coppie dello stesso anno, si svolge in Italia da anni. A tale proposito riportiamo uno stralcio della disanima del Professore straordinario Giulia Rossollillo dell’Università di Padova, antecedente all’approvazione delle unioni civili: ” … È tuttavia difficile giustificare il mancato riconoscimento in Italia di adozioni omoparentali decise all’estero: in tali ipotesi, infatti, a venire in gioco non è esclusivamente l’interesse dei partners dello stesso sesso, bensì un ruolo di importanza fondamentale è giocato dal principio della tutela del superiore interesse del minore, che in caso di mancato riconoscimento del vincolo di adozione verrebbe fortemente pregiudicato”.
Ci chiediamo se la delicata questione delle adozioni, da parte di due uomini possa rappresentare anche a livello sociale, un ostacolo maggiore rispetto all’adozione da parte di una coppia omogenitoriale, ma di genere femminile.
L’avv. Lollini ci evidenzia che quando si affrontano “strategie di liti” si cerca di presentare casi meno “toccati” da ideologie e pregiudizi, per esempio nella decisione di accogliere una richiesta di adozione da parte di una coppia omogenitoriale di sesso femminile è culturalmente più accettata di una maschile, sofferente ancora del pre-giudizio dell’irragionevole diade omosessualità-pedofilia. La direzione del vento sta cambiando, ma ancora soffia in modo tiepido.
In un mondo in cui i figli li crescono le donne, sempre più padri si fanno avanti nella crescita dei propri figli. Tuttavia si tratta di bambini nati con la maternità surrogata, non ancora legale in Italia, inoltre ci sono motivazioni tecniche: l’adozione blanda non crea vincoli con la famiglia d’origine del genitore adottante. La legge riconosce il diritto pieno solo ai genitori, continua l’avv. Lollini.
Tornando alla “nostra” sentenza, importante sottolineare che la trascrizione del certificato comporta la doppia cittadinanza, il Tribunale dei Minori dunque gliela riconosce ai dei due bambini, iscritti all’AIRE (anagrafe italiana residenti all’estero). Questa cosa accadrà quando la sentenza passerà in giudicato. Il pubblico ministero o il procuratore generale potrebbe richiedere l’appello. Ricordiamo che una sentenza passa in giudicato dopo 30 gg dall’emissione del decreto senza appello.
Se si pensa alle condizioni di migliaia di bambini che vivono negli orfanatrofi, l’ostracismo nei confronti delle adozioni omosessuali e le infinite pratiche burocratiche e perizie psicologiche a cui sono sottoposte le coppie eterosessuali per raggiungere l’adozione, non si può che augurarsi a una normalizzazione socio-giuridica e ad uno snellimento burocratico-istituzionale.