Il fotografo Curtis e il tramonto dell’epopea dei nativi americani
Il fotografo statunitense Edward Sheriff Curtis (1868 – 1952) già all’inizio del secolo scorso considerava i nativi americani “un’etnia che svanisce”. Per questo ne divenne per decenni il fedele cronista, lasciandoci in eredità la monumentale raccolta fotografica di The North American Indian 1907-1930, oltre a 10mila registrazioni di canzoni, musica e discorsi, per la maggior parte nella loro lingua, di circa 80 tribù. Un compendio antropologico dei popoli indigeni del *Trans-Mississippi, i quali, come lo stesso Curtis scrisse nella prefazione della raccolta “conservano ancora i loro costumi e tradizioni”.
Curtis poté realizzare il suo grandioso progetto, dopo essere stato nominato fotografo ufficiale della spedizione in Alaska del 1899, famosa come Harriman Expedition, dal nome del magnate delle ferrovie Edward H. Harriman, che la finanziò e ne organizzò il team.
Durante la spedizione, infatti, Curtis, che sembra fosse abile nelle relazioni interpersonali, ebbe modo di conoscere fra i tanti George Bird Grinnell, antropologo dilettante ed editore di Forest and Stream (tra le più antiche riviste statunitensi, fondata nel 1873 e pubblicata fino al 1930), l’attivista per l’ambiente John Miur e, naturalmente, il direttore della spedizione C. Hart Merriam. Furono loro, insieme al potente Harriman i primi sostenitori del progetto di Curtis sugli indiani americani.
Supporti finanziari arrivarono poi dagli enti locali come la Smithsonian Institution e, finalmente, dal banchiere e famoso collezionista di libri J. Pierpont Morgan (da cui le omonime biblioteca e museo pubblici di New York) che si fece carico delle spese del lavoro sul campo e che volle che i 20 volumi della raccolta The North American Indian fossero lussuosamente rilegati in pelle e comprati dai più ricchi che poi li doneranno alle istituzioni d’istruzione e culturali.
La documentazione dell’epopea indiana fu a sua volta un’epopea che Curtis, nonostante fosse l’unico a firmarla, non realizzò da solo. Piuttosto fu a capo di una squadra formata da etnologi, storici, accademici e come li chiameremmo oggi, mediatori culturali.
Se il fotografo scattò ogni immagine riportata nella raccolta, non fu lui a compiere gran parte delle ricerche etnologiche e a scrivere i testi, per i quali molto si adoperò il giornalista Wiliam E. Myers, per la stesura dal 1° al 18° volume, mentre per gli ultimi 2 fu affidata a Stewart C. Eastwood, mentre Frederick Webb Hodge, dell’US Bureau of American Ethnology, fu l’editor della serie completa.
Opera di interesse nazionale, fu Theodore Roosevelt, presidente degli Stati Uniti, nonché premio Nobel per la pace nel 1906, a scrivere la prefazione del primo volume.
Sebbene per ammissione dello stesso Curtis, molte scene di vita quotidiana e di rituali venivano ricreati a favore d’obiettivo ma senza tradirne l’audenticità, The North American Indian, con le immagini e il testo accessibile, è tutt’ora una formidabile raccolta di informazioni e di testimonianze della cultura indiana – nelle peculiarità delle sue tante tribù – e documento di come, impoveriti per l’espansione dei bianchi, i nativi si avviavano, scrisse Curtis “verso l’oscurità di un futuro sconosciuto”.
*nota: Trans- Mississippi – Nel 19° secolo con il termine Trans-Mississippi si definiva l’area geografica ad Ovest del grande fiume comprendente Arkansas, Louisiana, Missouri, Texa, Oklahoma (al tempo detto Territorio Indiano) e qualsiasi terra “attraverso il Mississippi
Immagini 1) il fotografo Edward Sheriff Curtis; 2- 3) Colombia britannica matrimonio, tribù Kwakiutl, 1914; 4) mamma-con-bambino, tribù Apsorole, 1908; 5) Luzi, tribù Papago, 1907; 6) Nesjaja Hatali, guaritrice, tribù Navajo, 1904; 7) Eskadi, tribù Apache, 1903; 8) donna, tribù Hupa, 1923; 9 e 10) gruppo di danzatori della tribù Qagyuhl, 1914; 11) Arizona, Navajos, 1914