Giornata internazionale contro l’impunità dei crimini verso i giornalisti

Sono 32 i giornalisti e i collaboratori di stampa che dall’inizio del 2020 hanno perso la vita per svolgere il loro lavoro. A denunciarlo l’Ong Reporters sans frontières, il 2 novembre, Giornata Internazionale per la fine dell’impunità per i crimini perpetrati contro i giornalisti.

Un numero inferiore rispetto al 2019 – quando si contarono 49 giornalisti uccisi – ma sempre “preoccupante”, commentano dall’organizzazione che torna a chiedere al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che istituisca una posizione di “rappresentante speciale per la sicurezza dei giornalisti”.

La Rai dal pomeriggio dell’1 e fino alla mattina del 3 novembre, sulla facciata della propria sede di Viale Mazzini a Roma, proietta e fa scorrere i nomi di 77 giornalisti e giornaliste uccisi e ancora “senza verità e giustizia” come scrive Vittorio Di Trapani, segretario dell’Usigrai (Unione dei Sindacati dei Giornalisti) che insieme alla Federazione Nazionale della Stampa ha promosso l’iniziativa della televisione di Stato.

La Giornata Internazionale per la fine dell’impunità per i crimini perpetrati contro i giornalisti è stata istituita dall’Onu nel 2013 per esortare gli Stati membri a mettere in atto delle misure specifiche per contrastare l’impunità – propria di tanti omicidi dei giornalisti – e affinché creino condizioni di sicurezza tali da garantire a ogni giornalista lo svolgimento della propria professione in piena indipendenza, senza interferenze e, ancora meno, senza mettere a repentaglio la propria vita. La data del 2 novembre è stata scelta in ricordo dell’assassinio dei giornalisti francesi Ghislaine Dupont e Claude Verlon rapiti esattamente quel giorno nel nord del Mali e subito assassinati.

Dal 2013 a oggi si conta la perdita di oltre 1000 tra giornalisti e operatori dell’informazione “assassinati in situazioni non di guerra e 9 casi su 10 ancora impuniti” secondo il rapporto Unesco.

Peggiora la situazione in Europa: negli ultimi 5 anni 27 reporter sono stati uccisi e sempre nel Vecchio Continente, dove il diritto di cronaca dovrebbe essere tutelato, sono 37 i casi ancora impuniti.

La lista dei giornalisti italiani è lunga. Ricordiamo tra i tanti: Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, Marco Luchetta, Dario D’Angelo e Alessandro Ota (che lavoravano per il servizio pubblico) e ancora Italo Toni e Graziella De Palo, Mino Pecorelli, Raffaele Ciriello, Mauro De Mauro, Vittorio Arrigoni, Mauro Rostagno, Giuseppe Alfano, Cosimo Cristina, Antonio Russo, Andrea Rocchelli. Tutti vittime delle matasse dei  grandi misteri nazionali e internazionali che hanno cercato di dipanare, come Anna Politkovskaya (Mosca, 2006) Daphne Caruana Galizia (Bidnija, Malta, 2017) e Jamal Khashoggi (Ambasciata dell’Arabia Saudita ad Istanbul, 2018). Nonostante l’eco internazionale che i loro attentati hanno suscitato,  ancora non si conoscono i nomi dei responsabili.

Il prossimo 9 e 10 dicembre 2020, in occasione della Conferenza mondiale sulla libertà di stampa, convocata dall’UNESCO e dal Regno dei Paesi Bassi, secondo l’Ansa “verranno esaminate le linee-guida per i pubblici ministeri sulle indagini e il perseguimento di crimini e attacchi contro i giornalisti, sviluppate in collaborazione con l’Associazione internazionale dei procuratori”.

La libertà di ogni individuo e la buona salute democratica di uno Stato  passano attraverso le informazioni corrette che gli fornisce la stampa.

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