La variante genetica che potrebbe ridurre del 70% il rischio Alzheimer

Sarebbe la quantità di una variante genetica rilevata dagli scienziati della Columbia University dopo uno studio condotto su 11mila persone, a ridurre del 71% il rischio di sviluppare la malattia neurodegenerativa dell’Alzheimer.

La premessa

Il lavoro dei ricercatori ha preso la mosse da studi precedenti che hanno identificato come una variante genetica chiamata APOEε4 sia un importante fattore di rischio genetico per la malattia di Alzheimer. Tuttavia, l’APOEε4 è presente anche in alcuni individui sani ma nel cui fortunato cervello potrebbero entrare in gioco alcuni meccanismi (varianti genetiche) che ne annullano gli effetti patologici.

Lo studio

Pubblicato dalla rivista scientifica Acta Neuropathologica, lo studio descrive, appunto, una variante protettiva identificata in un gene che produce fibronectina, una glicoproteina della barriera emato-encefalica (BEE).

La BEE è una membrana che protegge “il cervello dalle infezioni o dai composti chimici che circolano nel sangue – ci spiega osservatorioterapieavanzate.it – e ne regola “gli scambi con la circolazione sanguigna”. In sintesi è “l’interfaccia e il resto dell’organismo”.

La variante della fibronectina. individuata dai ricercatori statunitensi, dunque, sarebbe direttamente collegata alla capacità di ripulire il cervello dalle tossine attraverso appunto la BEE.

Lo studio ci riferisce sulla differenza della quantità di fibronectina nella BEE tra una persona senza e una colpita dall’Alzheimer: nel primo caso è limitata, mentre aumenta considerevolmente nella persona malata.

La variante sembra proteggere dal male, impedendo l’accumulo di fibronectina.

Promettenti prospettive terapeutiche

Lo studio, oltre a confermare l’importanza, già, nota del ruolo giocato dai vasi sanguigni nella malattia di Alzheimer, apre a nuove possibilità terapeutiche, confermate da Richard Mayeux, coautore dello studio quando parla di “una terapia mirata alla fibronectina e che imita la variante protettiva potrebbe fornire una forte difesa contro la malattia nelle persone”.

La popolazione di origine europea

Il gruppo scientifico della Columbia University ha confrontato il risultato con quello degli atenei di Stanford e Washington che hanno replicato lo studio con partecipanti in gran parte di origine europea arrivando alla stessa conclusione.

 

Immagine by it.freepik.com

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