Paolo Lepori, un italiano a Bogotà in­ nome del calcio e della pace

Paolo Lepori. Chiara InsidiosoPaolo Lepori, direttore tecnico, con esperienza nella formazione di giocatori del settore giovanile, decide di trasferirsi in Colombia, dedicandosi ai ragazzi con poche risorse economiche del quartiere di Bosa (Bogotà).

Sensibile alle problematiche dei giovani, fa parte della fondazione italiana We love Simone, dedicata a Simone Costa, il ragazzo di quasi 17 anni (li avrebbe compiuti a breve) morto nei pressi di Fiumicino (Roma) per una banale lite alla fermata dell’autobus.

La fondazione attraverso le sue attività cerca di contrastare il bullismo e la discriminazione sociale, tenendo vivo il ricordo di Simone. Alla morte del ragazzo seguirono commenti violenti e inauditi su alcuni profili Facebook.

In Colombia, Lepori è ambasciatore e rappresentante della S.S. Lazio femminile e promotore della scuola di calcio “Euroacademy Italia”.  La squadra  di calcio che allena è dedicata a Chiara Insidioso, una ragazza,in coma da più di due anni a causa della violenza subita per mani dell’uomo che credeva essere il suo fidanzato. La vicenda si svolse a Casal Bernocchi, quartiere di Roma.

La scuola di calcio femminile mira a trasmettere un messaggio di pace contro la violenza alle donne. Rispetto ad altre scuole rappresenta una novità altamente inclusiva: nella stessa squadra giocano ragazzi e ragazze così da educare i giovani uomini al rispetto e alla convivenza civile.

La squadra collabora con altre scuole di calcio nel mondo che lavorano con ragazzi ad alto rischio di emarginazione sia per motivi socio-economici che di disabilità. Un progetto socio-educativo che mira a infrangere le barriere fisiche e invisibili di Bogotá, città divisa in estratti, recepite dai suoi giovani abitanti come un destino di vita in embrione.

Lepori inoltre è tra i promotori del progetto Futbol y paz il cui direttore è Felix Mora Ortiz, che propone a livello governativo la pedagogia della pace come politica di stato, che è gia all’interno dell’ordinamento giuridico colombiano. Ricordiamo che le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) firmeranno il trattato di pace con il governo di Bogotá il 23 marzo del 2016. Un conflitto armato tra guerriglieri e governo che dura da oltre 40 anni.

Il paese pertanto si prepara a gestire una situazone di post conflitto. Ortiz insieme a Lepore, credono fermamente che lo sport possa svolgere un ruolo cruciale come strumento di trasformazione sociale e scambiare cosi con giovani, un fucile per un pallone.

Il calcio dunque come collante sociale e culturale e non come estremizzazione della competizione che genera storture e devianze. Il risultato del giocatore/studente sarà il suo livello di crescita emotiva e sociale, non la conquista del pallone d’oro.

Bullismo, violenza contro le donne, gestione del postconflitto, le tre macro tematiche con cui un italiano a Bogotà si confronta e promuove tutti i giorni. Ecco che cosa ci ha raccontato Paolo Lepori.

Futbol por la pazQuando e perché nasce la squadra “Chiara Insidioso”? È un progetto unico o rientra nell’ambito di un progetto più grande?

La vicenda di Chiara Insidioso ha riscosso l’appoggio immediato da parte del calcio femminile, nelle figure di Elisabetta Cortani (allora Presidente della S.S. Lazio Femminile) e della giocatrice Patrizia Panico. Questo è avvenuto in Italia, e in forma quasi naturale si è trasferita come iniziativa qui in Colombia presso l’associazione Euro Academy Italia.

Ovviamente abbiamo richiesto ed atteso da parte dei genitori di Chiara il loro consenso, ed è nata in comune, l’iniziativa la scuola calcio Chiara insidioso, che ha come obiettivo promuovere ed educare i ragazzi attraverso il calcio al rispetto delle donne e porre fine alla violenza contro di esse.

In Colombia, il fenomeno della violenza sulle donne riporta numeri impressionanti e senza limiti di età; per questo l’iniziativa ci permette di diffondere questo messaggio e sensibilizzare i ragazzi e le famiglie su un tema che qui è devastante.

L’obiettivo è di allargare ad altre scuole questa iniziativa, di renderla più ampia possibile perché il silenzio e la memoria corta sono nostri nemici. Si fa presto a dimenticare e non vogliamo che le luci si spengano sulla vicenda di Chiara, al contrario, non staremo in silenzio.

Quali sono gli obiettivi principali della scuola EuroAcademy Italia?

Euro Academy Italia, nasce con lo scopo di utilizzare il calcio come strumento pedagogico e non creare “spazi” di competitività che purtroppo fanno solo del male al calcio. Lo so, è paradossale, ma se il calcio oggi ci propone continuamente episodi di violenza, razzismo, lotte tra tifoserie, una delle cause principali è proprio l’esasperazione della competitività. La nostra idea non è “dare un futuro migliore ai ragazzi”, ma dare “ragazzi migliori al futuro”. Non tutti saranno professionisti del calcio, è numericamente provato, per questo dobbiamo sforzarci di educare i giovani e le loro famiglie a non perseguire con esasperazione il “risultato” sportivo, ma lasciare spazio al risultato personale, di crescita.

We love Simone

Memorial We Love Simone di calcio giovanile che si realizza ogni anno a Fiumicino (Roma)

Quale è il rapporto tra la fondazione “We love Simone” e il suo operato con i giovani meno abbienti della città di Bogotá?

We Love Simone ha come scopo quello di “vivere” le esperienze dei più giovani cercando di costruire insieme a loro un percorso che dia spazio alla crescita come persona, dare vita a spazi ed eventi associativi che coinvolgano i giovani in ambito personale e sociale.

Personalmente trovo incredibile che oggi debba essere “speciale” una persona che aiuta i più deboli, dovrebbe essere “naturale” farlo. Dovrebbe essere naturale che un ragazzo/a con poche possibilità economiche o con famiglie meno agiate pensi che il suo futuro non dipenda dal suo “status” ed invece non è così. Sono povero? Quindi non potrò mai diventare un medico perché non ho i mezzi, non potrò mai inseguire il sogno di essere un giocatore professionista perché non ho i mezzi per arrivarci, e così via per tutte le altre cose della vita.

Questo è quello che ho incontrato in molte realtà di Bosa; ragazzi “addormentati psicologicamente” dallo status imposto dai media e dalla politica sociale, qui la discriminazione arriva a livelli incredibili, addirittura dal tipo di scuola. Uno studente può essere etichettato di serie D a seconda della scuola che frequenta. “We love Simone”, cerca proprio di cambiare gli atteggiamenti discriminatori attraverso progetti come il nostro.

Come ha iniziato ad allenare i giovani del quartiere Bosa di Bogotá?

I ragazzi di Bosa sono stati una “sfida” al modo di pensare discriminatorio, nello specifico nel calcio. La città di Bogotà è suddivisa in estratti numerati che dovrebbero servire per definire le zone dalle più economiche alle più ricche. Invece si trasforma (forse involontariamente) nel definire le persone. Abbiamo partecipato con questi ragazzi alla Ponyfutbol e alla Coppa Claro, eventi a livello nazionale ed importanti per il calcio di qui. Un po’ come il nostro torneo di Viareggio, la vetrina dei giovani nel calcio.

In poco più di 6 mesi ci siamo organizzati, allenati, e abbiamo cercato di applicare un calcio differente da quello che c’è qui (più tattico che atletico), ovviamente il nemico numero 1 era il loro modo di pensare. “Siamo estratto 1 quindi gli altri sono più forti, hanno più possibilità, hanno tutto per essere competitivi”.

Hanno vinto partite sulla carta invincibili, hanno compreso che con la tattica puoi vincere anche contro un avversario più preparato e dotato fisicamente. Hanno conosciuto altre squadre che prima li osservavano e ridevano di loro. Come dire ” ma questi da dove vengono”, mentre poi vedendo come giocavano passavano dal ridere ad essere preoccupati.

Bosa dunque come laboratorio socio-educativo non solo sportivo? Una pedagogia della speranza attraverso lo sport come forma di crescita personale ed emancipazione sociale.

L’esperienza di Bosa, con questi ragazzi aveva uno scopo ben preciso, al di là dell’aspetto sportivo, dimostrare che “si, si può”. E l’hanno compreso, è stata questa la loro vera vittoria, io non ho fatto nulla di eccezionale, ho solo cercato attraverso la mia esperienza di trasmettergli un messaggio: nel calcio, come in altre cose, non serve essere più forti o avere più soldi, serve voglia e intelligenza e una grande forza, quella di non mollare mai, quella di inseguire sempre il tuo sogno.

Pensavo fossi io a dovere insegnare loro qualcosa, ne sono uscito fuori con un’esperienza in cui sono stati loro ad insegnare qualcosa di importante a me. Penso ai nostri ragazzi in Italia che giocano a calcio, agli scarpini ultimo modello, ai padri di quelli che già vedono il Messi o il CR7 del futuro e mi viene da sorridere. Poi penso ai ragazzi di Bosa che vincono la loro prima partita giocando alcuni senza scarpini ultimo modello e sul bus cantano a squarciagola per tutto il tragitto. Pensavo fossero matti, ma i matti siamo noi.

Squadra 2

Squadra femminile della Lazio in occasione dell’apertura della scuola calcio Chiara Insidioso a Bogotà.

Esistono altre squadre femminili della Lazio in giro per il mondo? Quale è il rapporto con il club di origine, ossia con la Lazio?

Sinceramente non ho idea, anche perché l’anno scorso la S.S. Lazio è stata omaggiata del titolo di B femminile, per le vicende finanziarie che hanno colpito il calcio femminile e che non hanno permesso a molte società di potersi iscrivere ai campionati. Ma la S.S. Lazio femminile quella storica esiste ancora, parlo del marchio. La nuova è la Lazio Woman, non so sinceramente quali sono e quali saranno i loro programmi per il femminile. Noi rappresentiamo la memoria storica, quella che non può morire, che non si può cancellare.

Quali sono i maggiori successi (come crescita umana) che hanno raggiunto le ragazze della squadra “Chiara insidioso”

Più che successi, li chiamerei traguardi quelli che perseguono le ragazze che sono nella scuola calcio Chiara Insidioso. Giocano in squadra mista con i ragazzi e si allenano nello stesso gruppo, cosa che inizialmente ha sorpreso molti genitori. Il primo traguardo lo chiamerei “presa di coscienza” nel senso che oggi non è più “strano” che ragazzi e ragazze giochino nello stesso gruppo.

Il secondo traguardo invece è quello più importante perché è lo scopo di tutto, i genitori delle ragazze sono felici perché ci hanno detto : la cosa più bella che ho visto in questa scuola, è che i ragazzi rispettano mia figlia. Può sembrare ovvio, ma non lo è. Qui non esistono gli spogliatoi, i ragazzi si cambiano al campo, o meglio nel campo. Forse così è possibile comprendere meglio il significato di quel “rispettano”. Altri traguardi verranno, non abbiamo fretta, il più importante è stato raggiunto e per il momento a noi basta.

Che cosa risponderebbe a chi sostiene che il calcio non è uno sport per donne?

Che cosa risponderei? Che non conoscono le donne.

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Una risposta

  1. Nunzio ha detto:

    Mai stato a Bogotá.

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