L’albero degli zecchini. Storia della moneta, prima e dopo la moneta

Da Firenze a Prato si parla di denaro. O meglio si racconta la storia del denaro. Dal baratto in poi.

Negli importanti Uffizi del capoluogo toscano, nei nuovi spazi al piano terra, documenti, bassorilievi ed epigrafi testimoniano l’evoluzione economica della società romana, dall’epoca primitiva pre-monetaria, passando per il periodo repubblicano fino all’era imperiale, e la formazione delle varie professionalità: gli argentari, i coactores, coactores argentarii e nummulari (fine I a.C. – seconda metà II d.C.).

L’illustrazione delle banche di Roma, risalenti a 2mila anni fa, ci mostrano la mensa e il bancone, che ben sappiamo, ne diverrà il simbolo. E con le banche, i tecnici le cui attività, riferisce Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, erano le stesse di oggi. Pecunia non olet, recita, infatti, il titolo della mostra, valeva nel passato  vale ancora di più nel presente.

E, se a Firenze ci si sofferma sul periodo classico, a Prato, al Museo di Palazzo Pretorio, l’orizzonte espositivo si allarga contemplando il baratto fino all’economia attuale, denaro elettronico e digitale compreso.

Da principio l’economia si basava sullo scambio: il noto baratto con prodotti naturali o lavorati e bestiame. Con il trascorrere del tempo e per adattarsi alle esigenze delle evoluzioni degli usi e costumi venne introdotto l’impiego della moneta. Comparve nell’Asia Minore attorno alla metà del VII secolo a.C., per opera dei greci della Ionia, sudditi del re di Lidia. Si trattava dell’elettro, una lega di oro e argento; ne seguì l’elettro artificiale, composta anche dal rame. Poi con la coniatura in quantità fissa dei 3 metalli, si giunse alla proporzione del valore dei prodotti.

Creso, ultimo re della Lidia, creò il primo sistema monetario con monete in elettro ma anche in oro e argento.  Dal V al IV secolo a. C. ecco le monete nei 3 metalli separati: prima in argento; quindi soltanto in rame, per i prodotti di minor valore; fino a quelle in oro, per necessità militari (si rimanda alla guerra in Sicilia intorno al 415 a.C.).

Tra i prestiti pubblici e privati che costituiscono la mostra, ci sono conchiglie, armi e gioielli, parte di una collezione della Banca d’Italia, appartenente all’epoca premonetale; da uno statere (moneta greca) dell’isola di Egina (VI-IV sec a.C.) alla prima banconota al portatore, coniata dal Regno di Sardegna nel 1746.

L’albero degli zecchini s’intitola la mostra pratese, definizione presa a prestito dal Pinocchio di Carlo Collodi. O per dirla con la curatrice Angela Orlandi “dalla genialità di Carlo Collodi”. Un albero fiabesco creatore di mezzi di scambio e soldi, emblema della fantasia con cui gli uomini hanno costruito monete e strumenti alternativi”.

Mostre:

Pecunia non olet. I banchieri di Roma antica;

dove: Gallerie degli Uffizi – Firenze;

quando: fino al 17 settembre 2023.


L’albero degli zecchini: dalle origini a un futuro da comprendere;

dove: Museo del Palazzo Pretorio – Prato;

quando: fino al 19 novembre 2023.

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