Pompei: ricostruita la vita degli schiavi a Civita Giuliana
Nella villa romana di Civita Giuliana, nel Parco archeologico di Pompei, è stata ricostruita una stanza assegnata agli schiavi. Ne dà conto il Ministero della Cultura con una nota che riferisce del ritrovamento degli arredi grazie alla tecnica dei calchi, possibile soltanto nel sito campano. La nube piroclastica del eruzione del Vesuvio del 79 d.C. (che causò la distruzione del luogo) e che ricoprì tutto inclusi i corpi delle vittime, è divenuta poi terreno solido mentre la materia organica decomposta ha lasciato un vuoto nel terreno: un’impronta che, riempita di gesso, rivela la sua forma originaria.
La nuova stanza, denominata ‘ambiente A’, si presenta diversa da quella già nota come ambiente C, ricostruita a novembre 2021, in cui erano posizionate tre brande e che fungeva al tempo stesso da ripostiglio e fornisce ulteriori elementi di conoscenza sulla società romana e, in particolare, sulla schiavitù.
“Quello che è emerso fa pensare a una precisa gerarchia all’interno della servitù – dice la nota -. Mentre uno dei due letti trovati in queste settimane è della stessa fattura, estremamente semplice e senza materasso, di quelli del 2021, l’altro è di un tipo più confortevole e costoso, noto in bibliografia come ‘letto a spalliera’. Nella cinerite sono ancora visibili le tracce di decorazioni color rosso su due delle spalliere. Oltre ai due letti, nell’ambiente recentemente scavato ci sono due piccoli armadi, anch’essi conservati parzialmente come calchi, una serie di anfore e vasi di ceramica e diversi attrezzi, tra cui una zappa di ferro”.
Rilevata anche la presenza “di almeno tre roditori: due topolini in un’anfora e un ratto in una brocca, posizionata sotto uno dei letti e dalla quale sembra che l’animale cercasse di scappare quando morì nel flusso piroclastico dell’eruzione. Dettagli che sottolineano ancora una volta le condizioni di precarietà e disagio igienico in cui vivevano gli ultimi della società dell’epoca”.
Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco spiega come “i proprietari usavano diversi privilegi, tra cui anche la possibilità di formare una famiglia, seppure senza alcuna tutela legale, per legare alcuni schiavi più strettamente alla villa, anche con la finalità di averli come alleati nel sorvegliare gli altri. Quello che emerge qui è la struttura sociale della servitù che doveva impedire fughe e forme di resistenza, anche perché mancano tracce di grate, lucchetti e ceppi. Pare che il controllo avveniva principalmente tramite l’organizzazione interna della servitù, e non tramite barriere e vincoli fisici”.
L’esplorazione archeologica della villa di Civita Giuliana, già oggetto di scavi nel 1907-‘08, ha avuto inizio nel 2017 con la collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, che insieme ai Carabinieri aveva scoperto un’annosa attività di scavi clandestini nell’area della Villa, poi sgominata e perseguita sia penalmente che civilmente, come conferma la nota del Ministero.
Immagine: Pompei, stanza degli schiavi nella Villa Civita Giuliana – fotografia tratta da Ministero della Cultura – Facebook