Juan de Pareja. Quando a Roma divenne uomo e artista libero
Diego Velázquez, grande artista spagnolo, ottenne l’ammissione all’Accademia Nazionale di San Luca e il permesso di ritrarre il papa Innocenzo X, grazie alla trasposizione su tela che fece al suo schiavo – assistente, nero, Juan de Pareja.
A Roma per la seconda volta nel 1650, accompagnato da de Pareja, Velázquez espose il ritratto sotto il porticato del Pantheon, come facevano i membri della Congregazione dei Virtuosi a cui apparteneva.
Il confronto immediato del dipinto con ‘l’originale’ in presenza, fu uno degli elementi del successo dell’opera (di indiscutibile pregevole realismo), del suo autore e dello schiavo – assistente.
L’artista spagnolo ottenne la prestigiosa commissione (insieme ad altre, altrettante lucrose) di ritrarre papa Innocenzo X (oggi il quadro è nella romana Galleria Doria Pamphilj) e Juan de Pareja la fine dello suo status di schiavo.
Il 23 novembre 1630, Velázquez firmava il contratto di manumissio (manomissione)*, che sanciva la libertà del de Pareja dal 1634.
Si dice che tale atto di generosità avvenne su richiesta dello stesso Innocenzo X, oppure che fu iniziativa dello stesso Velázquez per farsi onore agli occhi della corte papale. Anche se, di fatto, la schiavitù presso gli artisti non era disdicevole.
Dopo la permanenza a Roma, i due ripartirono e Juan continuò ad essere assistente a tutto tondo dell’artista, preparandogli i colori, le tele e, non di rado, rifinendogli le opere.
Ma da uomo e artista libero, Juan de Pareja dimostrò di essere artista indipendente di talento, con uno stile opposto a quello del maestro – padrone: colorato e solare quanto sobrio è il tratto del secondo.
Certo aveva imparato tanto da Velázquez (1599 – 1660) – sublime ritrattista, il più importante fra gli artisti alla corte di Filippo IV di Spagna nonché tra i più rappresentativi dell’età barocca – e restò nella sua bottega anche dopo essere stato affrancato, da dove spiccò il suo talento, anche senza lo splendore dovuto, come ben sappiamo essere stato d’uopo a lungo per tutte le minoranze culturali.
Nato nel 1606 c.a. ad Antequera, piccola città andalusa, Juan de Pareja era figlio di una coppia mista (padre bianco, madre nera) da tempo a servizio di casa Velázquez, dove documenti storici affermano la presenza di altri servitori.
I suoi quadri oggi sono conservati nei musei del Prado di Madrid, (La vocazione di San Matteo), di Huesca (Battesimo di Cristo) all’Ermitage (Provinciale dei Cappuccini) e al Louvre (Seppellimento di Cristo) ma, soprattutto, al Metropolitan Museum of Art (MET) di New York, che fino al 16 luglio 2023 gli dedica la mostra Juan de Pareja, Afro – Hispanic Painter (Juan de Pareja, pittore afroispanico).
Un’ esposizione senza precedenti sulla sua sua vita e arte da parte dell’istituzione che detiene dal 1971 il suo ritratto eseguito a Roma da Velázquez. Lo comprò nel 1971 per 5, 5 milioni di dollari, un record per quei temi. Fino ad allora l’opera era stata nel Regno Unito portato dall’Italia nel Settecento dall’archeologo e antiquario da Sir William Hanilton, ambasciatore a Napoli, e conservato, sembra silenziosamente, per oltre cento anni nella collezione dei conti Radnor di Salisbury.
Per il MET ripercorre la parabola di Juan de Pareja (incluso l’atto di manomissione) ha significato mettere insieme le tessere del mosaico dell’arte degli uomini ridotti in schiavitù e della società multirazziale “indissolubilmente legata all’arte e alla cultura materiale dell’Età dell’Oro spagnola”.
“Le rappresentazioni delle popolazioni nere e morisco della Spagna nelle opere di Francisco de Zurbarán, Bartolomé Esteban Murillo e Velázquez si uniscono a opere che tracciano l’ubiquità del lavoro schiavizzato attraverso i media” commenta il Met che si è servito della collaborazione dello studioso di Rinascimento e collezionista Arturo Schomburg.
Insieme hanno riunito i lavori, alcuni rari, di Juan de Pareja, in confronto e in dialogo con i “canoni dell’arte occidentale, pur riecheggiando la diaspora africana”.
*manumissio (manomissione): atto del diritto romano con cui il proprietario libera il servo dallo status di schiavitù
Immagine: ritratto di Juan de Pareja, realizzato da Diego Velázquez a Roma nel 1650