Carlo Greppi e il suo uomo di poche parole

Lo storico e scrittore Carlo Greppi continua con successo a girare l’Italia per presentare il suo libro Un uomo di poche parole (Laterza). Il personaggio taciturno a cui l’autore si riferisce nel titolo è Lorenzo Perrone, il muratore piemontese che lo scrittore Primo Levi nel suo celebre Se questo è un uomo, indica come suo salvatore durante la sua permanenza nel campo di concentramento di Auschwitz III – Monovitz.

Perrone non era nel campo, lavorava e viveva fuori. Questo gli permise per sei mesi di portare a Levi e al suo compagno di prigionia, Alberto Dalla Volta, gavette di zuppa che impedirono a entrambi una morte di stenti.

Lo scrittore si salverà definitivamente quando, nel gennaio del 1945, i tedeschi compresero che l’avanzata dell’Armata Rossa era inarrestabile e decisero di evacuare il campo di Auschwitz; Levi ci rimase perché colpito dalla scarlattina, mentre Alberto Dalla Volta fu costretto a partire per quella che passerà alla Storia come la Marcia della morte (giorni e notti camminando a piedi), durante la quale morì insieme ad altri 20mila prigionieri.

Perrone, con il suo ripetuto gesto altruistico, mise ogni volta a repentaglio la sua vita. Di lui Levi, che gli rimase amico per tutta la vita, ha scritto: “… io credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi; e non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza, con il suo modo così piano e facile di essere buono, che ancora esisteva un mondo giusto al di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancora puro e intero, di non corrotto e non selvaggio, estraneo all’odio e alla paura […]. Lorenzo era un uomo; la sua umanità era pura e incontaminata, egli era al di fuori di questo mondo di negazione. Grazie a Lorenzo mi è accaduto di non dimenticare di essere io stesso un uomo”.

Nato a Fossano (Cuneo) nel 1904, Perrone, non arrivò alla terza elementare e iniziò a lavorare all’età di 10 anni. Battezzato, non era religioso, né conosceva il Vangelo ma per Primo Levi “era un santo”.

Anni dopo, Levi, scoprirà che Perrone ad Auschwitz aveva aiutato anche altre persone “italiane e non, ma gli era sembrato giusto non dirmelo: si è al mondo per fare del bene, non per vantarsene”, scrisse in Il ritorno di Lorenzo, pubblicato nel 1981 nella raccolta Lilìt e altri racconti.

Perrone era già morto da tempo, nel 1952. Terminata la guerra non riuscì a liberarsi dalla sofferenza di quel periodo oscuro e a riprendere a vivere. Già minato dall’alcolismo, si ammalò di tubercolosi senza rimedio.

Nel 1998 fu insignito del riconoscimento dello Yad Vashem di Giusto tra le Nazioni.

Oggi l’ evocazione di Carlo Greppi (già tradotta in spagnolo e, prossimamente, a seguire in olandese, francese, russo e inglese),  restituisce alla memoria collettiva, come merita,  l’esperienza di questo eroe misconosciuto: attraverso una dettaglia biografia e approfondendo il mistero del Bene che a Perrone scaturiva spontaneo nell’espressione altruistica ma che non riuscì ad applicare verso sé stesso.

 

 

Immagine: lo storico e scrittore Carlo Greppi, autore di Un uomo di poche parole. Storia di Lorenzo, che salvò Primo

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