Refik Anadol. L’uomo che rende visibile l’invisibile

“Sto cercando di trovare modi per collegare i ricordi con il futuro e per rendere visibile l’invisibile” ha commentato l’artista Refik Anadol, nel descrivere la propria monografica allestita presso il MoMa di New York.

Famoso per le sue opere mediatiche e installazioni pubbliche, per il Museo d’Arte moderna statunitense Anadol ha addestrato un sofisticato modello di apprendimento automatico attraverso il quale ha interpretato i dati e le opere della collezione del Museo.

Così ha trasformato gli oltre 200 anni di arte dell’ istituzione della Grande Mela, per la mostra intitolata Unsupervised, che tradotto alla lettera diventa senza supervisione.

Il risultato finale è, infatti, di totale libertà e mai statico, perché la rivisitazione di Anadol, introietta i cambiamenti di luce, di movimento e di acustica circostanti e le condizioni meteorologiche esterne mutando continuamente, con l’effetto, spiega il museo, di “esplorare la fantasia, l’allucinazione e l’irrazionalità, creando una concezione diversa dell’arte medesima”.

Il media – artist Refik Anadol, nato nel 1985 a Istanbul (Turchia), è residente a Los Angeles dove, dopo aver completato la sua formazione presso l’Università della California, ha fondato lo studio che porta il suo nome e dove dirige il RAS LAB per la ricerca di “nuovi modi per narrare i dati digitali e l’ intelligenza artificiale”. Qui, con il suo team formato da programmatori, data scientist ed esperti di machine learning, elabora programmi di scrittura e addestra l’intelligenza artificiale che poi crea in autonomia installazioni di arte pubblica.

Anadol in Italia. Sogni rinascimentali

Nel 2021 Anadol ha partecipato alla Biennale di Architettura di Venezia con l’artista turco – americano Gökhan S. Hotamışlıgi, per poi presentare presso il MEET (Centro internazionale di cultura digitale) di Milano, l’installazione Renaissance Dreams.

Ispirata al Rinascimento Italiano l’opera – divisa nei capitoli, pittura, scultura, architettura e letteratura – è il frutto delle digitalizzazioni di circa un milione di immagini e testi italiani dal 1300 al 1600. Una grande mole di dati elaborati  dall’intelligenza artificiale che ha dato vita a una “passeggiata” lungo 3 secoli di arte italiana, appositamente progettata per la sala immersiva del MEET.

È vera arte?

L’algoritmo al posto della tela e pennelli per “digitalizzare la realtà” citando lo stesso Anadol,  al momento l’artista più famoso di questa nuova forma espressiva, derivante dalla collaborazione tra esseri umani e intelligenza artificiale.

Per alcuni si tratta di vera arte, per altri assolutamente no. Il confronto fra le due opinioni è aperto.

Di certo si tratta di una nuova modalità creativa prettamente umana, ottenuta sua immaginazione  e dal sofisticato addestramento con cui addestra l’intelligenza artificiale, autonoma sì ma mai indipendente, alla quale, forse, si dovrà dare un nome appropriato e distintivo.

 

Immagine tratta dal profilo Twitter del media – artist Refik Anadol di uno delle sue opere -installazioni delle mostra ‘Unsupervised’  al MoMa di New York  fino al 5 marzo 2023

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