Astronauti. Perchè in orbita diventano più alti
L’astronauta giapponese trentunenne, Norishige Kanai (nella foto a lato), impegnato per 3 settimane nella missione sulla Stazione Spaziale Internazionale, il 9 gennaio 2017 ha scritto su Twitter di essere cresciuto di 9 centimetri. Il giorno seguente, con un nuovo il messaggio, ha corretto la notizia precedente, portando i centimetri da 9 a 2 e scusandosi per aver dato “una informazione falsa”.
E sì, nello spazio gli astronauti crescono in altezza. Lo aveva già raccontato Paolo Nespoli (detentore del record di 6mila ore in orbita – nella foto in basso), nel 2015, partecipando al congresso di reumatologia Magenta Oseoarea, dichiarando di essersi allungato di 6-7 centimetri. Il perchè, secondo gli esperti presenti al congresso era presto detto: l’assenza di gravità che porta ad allentare la tensione dei muscoli e dei legamenti e la colonna vertebrale si distende, diventa rettilinea, perdendo le curvature che assume per favorire il carico del peso.
Il problema dell’atrofia muscolare…
L’aumento di statura degli astronauti in orbita è stata confermata da una ricerca condotta dall’Università della California, San Diego School of Medecine (Usa), pubblicata sulla rivista di ricerca Spine nell’ottobre del 2016. I ricercatori hanno studiato 6 astronauti dell’equipaggio Nasa, che hanno vissuto dai 4 ai 7 mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Gli studiosi hanno stabilito un aumento della statura che va dai 3 ai 5 centimetri, che gli astronauti perdono dopo circa un mese dal rientro sulla Terra, tornando all’altezza normale. Per lo studio i centimetri in più derivano dallo scarico spinale (mancanza di peso trasportato dalla parte inferiore della schiena) e da altri cambiamenti del corpo correlati con la microgravità, come la riduzione significativa del tono dei muscoli che sorreggono la colonna vertebrale.
Obiettivo dello studio dell’Università statunitense, commissionato dalla Nasa, è stato “comprendere i fattori che influenzano la resistenza della colonna lombare e la lombalgia durante il volo spaziale di lunga durata, così come la risposta della colonna vertebrale dopo il ritorno alla gravità terrestre”.
Molti astronauti al rientro a terra, infatti, soffrono di forti mal di schiena e sono a maggior rischio di ernia del disco spinale. Per prevenire l’atrofia muscolare, secondo lo studio, gli astronauti dovrebbero introdurre negli abituali allenamenti, un esercizio fisico specifico dove lo yoga assumerebbe un ruolo importante per affrontare la rigidità spinale e la ridotta mobilità in missione.
… e della perdita di massa ossea. Si continua a studiare pensando al viaggio su Marte
E assumere vitamina D, perchè un altro effetto collaterale della mancanza di gravità, è l’osteoporosi: l’assenza di “movimento sotto carico” impoverisce le ossa. Da ricerche realizzate in orbita si è stabilito che lo scheletro degli astronauti perde circa l’1% di massa ossea al mese. Inoltre, sempre in orbita, è impossibile esporsi ai raggi solari, che sappiamo essere stimolatori della produzione di vitamina D.
Nelle abitudini della vita sulle navicelle spaziali si cerca di combattere sia la perdita del tono muscolare sia la mancanca di vitamina D con appositi esercizi, con attrezzi costruiti dagli inegneri della Nasa, e con un particolare regime alimentare.
Ma non sono contromisure sufficienti e per questo gli esperti continuano, con ricerca e esami compiuti sia a terra sia in volo, a studiare per trovare i rimedi opportuni per la permanenza degli astronauti nello spazio. Pensando anche a permanenze sempre più lunghe, come potrebbe essere la missione con equipaggio su Marte.