Ivory crush. Le nazioni contro l'”oro bianco”
Un grido di allarme si eleva per il destino degli elefanti: sono in via di estinzione, perché prede ambite per le loro preziose zanne, dalle quali si ricava l’avorio.
Sebbene i pachidermi siano una specie protetta fin dal 1989, dallo stesso anno, è vietata la commercializzazione dell’avorio, dal 1997 la direttiva europea 338/97 sul commercio di specie della flora e della fauna selvatiche, ha attuato le CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione del 1973) nell’UE, il suo traffico illegale internazionale è fiorente è ha raggiunto dati allarmanti dalla fine degli anni dieci del nostro secolo.
La grande richiesta dell’”oro bianco”, come è denominato l’avorio, proviene dalla Cina. Il 70% delle zanne trafugate risponde alla domanda del mercato cinese, desideroso di continuare la sua lunga tradizione dell’impiego dell’avorio nell’arte, nelle suppellettili, nella gioielleria e nei rimedi naturali, la cui efficacia non è mai stata dimostrata.
A farne le spese sono gli elefanti, soprattutto della zona sub sahariana, che vengono uccisi a un ritmo di 35.000 esemplari ogni anno. Si stima che in tutto il continente africano ne rimangono circa 350.000, contro i 25 milioni dell’inizio del XIX secolo e i 5 milioni dell’inizio del XX secolo.
Dietro al bracconaggio
Ma dietro il bracconaggio si nasconde una realtà inquietante già denunciata dal New York Time nel 2013, confermata oggi dall’Ong EAL (Elephant Action League): l’avorio è contrabbandato da terroristi e bande criminali, provoca lo sfruttamento di contadini e di comunità locali alla disperata ricerca di una fonte di sostentamento, e uccide militari, guardia parco, ranger.
Un business irrefrenabile per gli estremisti islamici di al-Shabaab, le milizie Janjaweed del Sudan e per i guerriglieri ugandesi del Lord’s resistance army (Lra), che si contendono il controllo del traffico illegale in Africa e in Asia, con la complicità dei corrotti funzionari locali. Per i terroristi l’avorio ha un duplice valore, perché oltre a piazzarlo sul mercato nero a prezzi elevati, lo usano come merce di scambio per ottenere armi e viveri. Il traffico illecito dell’oro bianco, mette a rischio la fauna africana, contribuisce all’incremento dell’economica illegale, e mina la sicurezza e la stabilità mondiale.
L’Ivory Crush in Italia
Per questo anche l’Italia ha deciso di prendere una posizione forte contro il traffico dell’avorio, che ha
simbolicamente espresso il 29 marzo 2016 con il suo primo “Ivory Crusch” avvenuto al Circo Massimo a Roma. L’iniziativa “Ivory Crush”, realizzata per la prima volta in Africa (Kenya) nel 1989, consiste nella frantumazione dell’avorio confiscato, con una macchina industriale schiacciasassi. A Roma è stata distrutta circa mezza tonnellata di avorio confiscato, che si va aggiungere alle 60 tonnellate, eliminate negli ultimi cinque anni, con analoga procedura in vari paesi del mondo.
L’evento di Roma del Circo Massimo è stato organizzato dal Ministro per l’Ambiente, dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, dall’Ong EAL e dall’ufficio italiano Cites.
Lo schiacciasassi, chiamata tecnicamente “Unità Cingolata per la Frantumazione Primaria” è stata messa a disposizione dall’impresa “Impianti Industriali” di Dalmine (Bergamo).
Prossima tappa dell’Ivory Crush sarà il Kenya; il 30 aprile 2016 frantumerà ben 120 tonnellate di avorio confiscato, la maggior quantità mai distrutta fino ad ora.