La Marcia Blu e la Corte di Strasburgo. La lotta delle donne svizzere per il clima

Il 1° aprile è partita la Marcia Blu (Marche Bleue) per il clima, da Ginevra per raggiungere Berna il 22 aprile.

Chiunque può unirsi al gruppo (basta iscriversi qui) che chiede alla Svizzera di rispettare l’Accordo di Parigi e che il Paese elvetico ha ratificato.

Nello specifico la richiesta dei partecipanti rivolta ai decisori politici ed economici è quella di ridurre le emissioni di gas serre entro il 2030 per raggiungere la neutralità carbonica nel 2050 “proteggendo al contempo gli ecosistemi e garantendo l’equità delle nostre società”.

Da un’idea dell’infettivologa Valérie D’Acremont, della politologa Bastienne Joerchel, dell’economista ecologica Julia Steinberger e dall’avvocata Irene Wettstein, la marcia, di oltre 200 chilometri vedrà momenti di riflessione e approfondimento, dibattiti e laboratori (qui il programma).

Ad accompagnare le camminatrici e camminatori il gruppo di attivisti ambientali in bicicletta per la Balade Bleue: dal ghiacciaio del Rodano a Losanna in bicicletta, dall’1 all’8 aprile.

Non si ferma qui l’attivismo delle donne svizzere contro il cambiamento climatico.

KlimaSeniorinnen. Il Paese alla Corte europea dei diritti dell’Uomo

Un gruppo di pensionate con un’età media di 73 anni, creando il movimento KlimaSeniorinnen, ha intrapreso un’azione giuridica portando il proprio governo alla Corte europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), con l’accusa che le politiche climatiche del Governo svizzero stiano minando “il diritto alla vita e alla salute delle donne anziane”.

Le misure che non sono adeguate per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di non superare il riscaldamento globale di 1,5°. Secondo KlimaSeniorinnen, se le decisioni politiche di ogni Paese fossero come quelle della Svizzera entro il 2100 il riscaldamento medio raggiungerà i 3°. La loro tesi è sostenuta da un dossier di prove scientifiche che prova come le persone anziane e soprattutto le donne, siano particolarmente vulnerabili.

L’azione, supportata da GreenPeace segue alla sconfitta ottenuta dal gruppo presso il Tribunale federale svizzera.

La risposta della Svizzera

La Svizzera pur non negando che il cambiamento climatico possa nuocere alla salute, sostiene che le emissioni non possono essere specificamente riportate alla salute delle donne anziane.

Il caso, inoltrato alla CEDU di Strasburgo, sostiene che lo Stato elvetico ha violato gli articoli 2 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E sarà la prima volta che tale Corte, denominata anche Grande Camera, si pronuncerà sulla questione climatica.

Momento cruciale.  Non solo le svizzere 

Se la Corta europea dovesse riconoscere che la protezione climatica è una questione di diritti umani la sua sentenza potrebbe rappresentare un momento cruciale nella lotta ai cambiamenti climatici, costituendo un precedente per i 46 Stati del Consiglio d’Europa.

Lo afferma anche Damien Careme, ex sindaco di Grande-Synthe  che ha portato alla Gran Camera  il proprio Paese, la Francia, per le stesse motivazione: il mancato rispetto per il proprio obbligo di proteggere la vita dei suoi cittadini.

Careme, oggi deputato europeo per Europe Écologie-Les Verts (EELV), nel 2019 nella sua doppia veste di sindaco e di cittadino, aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato per “inazione climatica” posto che il suo comune che sorge sulla costa, rischiava di essere sommerso. L’alto tribunale amministrativo si è pronunciato a favore della città –  dando al Governo  9 mesi di tempo per “adottare misure utili”  ma ha respinto il caso singolo, spingendo Careme a portarlo alla CEDU.

 

Immagini: 1) il movimento formato da anziane signore svizzere KlimaSeniorinnen il politico francese Damien Careme (2) che hanno portato i propri Paesi alla Corte europea dei diritti dell’Uomo per inazione climatica. Le sentenze dei 2 casi potrebbero segnare una svolta storica nel coinvolgimento degli Stati nel contrasto ai cambiamenti climatici 

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